Cultura, cinema e arte

"Una psicoriflessione tra Kaurismaki e Wenders" di Flavia Salierno (CPdR)

L'articolo è pubblicato su Ciak di Febbraio.


"Una psicoriflessione tra Kaurismaki e Wenders" di Flavia Salierno (CPdR)

Una psicoriflessione tra Kaurismaki e Wenders

di

Flavia Salierno

 

 

Stesso cinema, stessa ora, giorni vicini, due film e registi apparentemente cosi distanti. Eppure la comunanza di tanti aspetti.   

Come foglie al vento, viviamo perfect days. La fragilità dell’ondivaga esistenza si alterna all’illusione che tutto possa essere al sicuro (e perfetto, appunto) nella ritualità ripetitiva e stagnante. Si cerca sicurezza e forza, infatti, nello strenuo tentativo di tenere congelate emozioni e condizioni.

I rituali ripetuti in entrambi i film ingannano la concentrazione dello spettatore dirottandola nei particolari, nella noia di una quotidianità povera (o impoverita) di una vita che sembra aver abbandonato per sempre sembianze umane. Perché, se togli la bellezza, di umano resta poco. Eppure i due registi la trovano, e la raccontano, e costringono anche chi guarda a scorgerla nelle cose più nascoste.  Collassati entrambi sul reale , Wenders ci invita a guardare altrove, anche verso le foglie di un albero mosso dal vento. E l’invito di Kaurismaki passa nello sguardo speranzoso di un’attesa della persona amata davanti a un cinema.

Lamare declinato al presente, nel film del regista finlandese, assume le forme del condizionale, in quello del regista tedesco. La speranza del primo, cede il passo al nichilismo del secondo. 

Lamore, lunico possibile, in Kaurismaki, e quello che non è stato, e che non può essere, in Wenders, il fil rouge che lega queste opere dei due grandi registi. 

Dai grattacieli di Tokyo ai bassifondi dei water dei bagni pubblici nel film di Wenders, alla povertà di squallidi bar della parte povera e fredda di Helsinki, nel film di Kaurismaki, lunica vera speranza sono i legami. L’attenzione, la dedizione, la cura, verso l’altro. Tutto si depaupera, prendendo le strane forme della miseria. D’animo, ancor prima che di denaro. Quello che resta, è quindi l’importanza dei rapporti umani.

I silenzi, le pause,  le espressioni dei volti, svuotate di senso in entrambi i film, permettono all’insaturo di essere riempito della cura del vicino.

I riferimenti cinematografici in Foglie al Vento, e quelli musicali in Perfect Days, regalano guizzi di vitalità, altrimenti stretta e sparita nell’assenza. E avvicinano, permettono alle persone di trovare un linguaggio comune.

Le foglie si muovono, in entrambi i film. La macchina da presa si sposta, risaltandone la leggerezza e la fragilità, in entrambi i film. Ma anche dando la possibilità di distogliere lo sguardo dalla gravità di tutte le cose, rendendo perfetti anche quei giorni,  anche quando mossi dai venti, e dalla loro stessa caducità.



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