Sospensione della pubertà e incongruenza di genere: una riflessione sul tempo

Negli adolescenti con identità transgender le trasformazioni della pubertà, percepite incongrue rispetto al senso identitario e di sé, sono vissute spesso in modo traumatico. Come questi cambiamenti vengano integrati o rifiutati?

Guido Giovanardi, Marta Mirabella

 

La pubertà è il tempo della trasformazione. Quando avviene, in maniera più o meno improvvisa, segna l'ingresso nell'adolescenza con cambiamenti che scompaginano il mondo interno. Le novità del corpo provocano nuove percezioni, domande e affermazioni relative al senso di sé e di identità. Per molti è un tempo atteso con trepidazione (“non vedo l’ora di diventare grande”), un tempo di nuove esperienze, nuovi discorsi, nuove amicizie. Un tempo di apertura e scoperta. Per la maggior parte degli adolescenti con identità transgender o non-binarie, la pubertà è esattamente il contrario. Le trasformazioni del corpo mettono in discussione, in alcuni per la prima volta, le convinzioni profonde riguardo al genere.

Fino a quel momento, infatti, potevano vivere l’esperienza di comportamenti e preferenze gender-variant (per esempio, per giochi o compagni di gioco più tipicamente associabili al genere opposto, rispetto a quello assegnato alla nascita) senza leggerla o comprenderla in una cornice identitaria. Ma le trasformazioni corporee, per ogni adolescente, producono una nuova realtà da elaborare e da significare nei termini dell’identità (Cahn, 1998). In alcuni adolescenti con incongruenza di genere, per l’esito imprevedibile di un intreccio di fattori biologici, psicologici e sociali, la pubertà è vissuta come una crisi profonda, percepita come un “tradimento”. La comparsa delle caratteristiche sessuali secondarie si traduce in ritiro sociale e in diverse forme di attacco al corpo. L’esperienza dello sviluppo del seno, per esempio, vissuto a livello percettivo come estraneo o pericoloso, può essere fortemente traumatica. Può diventare impossibile uscire e andare a scuola, se non nascondendo o comprimendo le forme del corpo in abiti larghi, o con l’utilizzo di binder o nastri per fasciare il petto. Al ritiro sociale spesso si accompagnano alimentazioni sregolate e disturbi alimentari, che hanno un significato psicologico analogo: è come se il sintomo alimentare (restrittivo o di binge eating) fosse “utilizzato” per modificare (deformare, coprire o far sparire) le linee del corpo o per impedire lo sviluppo sessuale (per esempio, amenorrea derivante da condotte anoressiche). A riprova di ciò, diversi studi riportano la riduzione significativa di disturbi alimentari dopo i primi effetti delle terapie ormonali.

Molti adolescenti transgender, anche grazie e attraverso la psicoterapia, riescono a gestire l’impatto traumatico, integrando le trasformazioni corporee nella propria identità di genere incongruente, oppure, nel caso in cui l’incongruenza è secondaria ad altri quadri psicopatologici o a temi identitari più ampi, “desistono” e proseguono l’adolescenza con un’identità cisgender. Ma per alcuni, l’impatto della pubertà è così traumatico che il lavoro psichico di integrazione dello sviluppo corporeo diventa inaccessibile. La sofferenza si materializza in atti concreti e autolesionistici, anche estremi, fino al tentativo di suicidio. In questi casi le linee guida internazionali, come gli Standards of Care promossi dalla World Professional Association for Transgender Health (WPATH; Coleman et al., 2022), l’organizzazione internazionale dedicata alla cura e tutela delle persone transgender e di genere non conforme, raccomandano l’uso di bloccanti ormonali, per brevità blockers. Sono ormoni analoghi delle gonadotropine (GnRhA) che, agendo sulla ghiandola pituitaria, inibiscono la secrezione ormonale, sospendendo temporaneamente e in modo reversibile la produzione endogena di estrogeni nelle ragazze e di testosterone nei ragazzi, dunque lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie.

In questi anni, l’insieme degli studi longitudinali che si sono occupati degli effetti dei bloccanti ha mostrato per questi adolescenti un miglioramento della vita, una diminuzione dei livelli di ansia e depressione, dell’autolesionismo e delle ideazioni e tentativi di suicidio. Rispetto ai rischi fisiologici, le preoccupazioni maggiori sono rivolte alla riduzione della densità ossea, causata dalla mancanza di ormoni sessuali, che può aumentare il rischio di fratture e osteoporosi, e alla riduzione della fertilità (per rassegne recenti, si vedano Panagiotakopoulos et al. 2020 e Rew et al. 2021).

I fautori del protocollo, il gruppo di ricerca legato ai centri specialistici olandesi per bambini e adolescenti transgender, ha descritto inizialmente la sospensione ormonale come una finestra diagnostica estesa, “tempo e spazio per compiere decisioni importanti sulla riassegnazione di genere, senza dover affrontare lo stress traumatico legato allo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie” (Steensma et al., 2013, p. 583). Oggi, dopo più di due decenni dal suo sviluppo, il protocollo di sospensione della pubertà è stato adottato in molti altri centri, e in molti paesi è al centro di un acceso dibattito. Lo stesso gruppo olandese ne dà una nuova definizione. In uno studio pubblicato quest’anno (van der Loos et al., 2023) gli autori olandesi descrivono i percorsi medici di bambini e adolescenti (in totale, 1766; 689 maschi alla nascita, 1077 femmine alla nascita), che hanno iniziato, tra il 1998 e il 2018, la terapia con i bloccanti ormonali. I risultati mostrano che nel 93% dei casi, la terapia è proseguita con gli ormoni cross-sex. A differenza dei bloccanti della pubertà, il trattamento con gli ormoni cross-sex è solo parzialmente reversibile ed è orientato a indurre lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie desiderate (es., crescita dei peli, crescita del seno) e a ridurre le caratteristiche associate al sesso alla nascita. Gli autori, commentando i risultati, affermano che tutto ciò implica una ridefinizione del trattamento con GnRHa, “non come estensione della fase diagnostica, ma come intervento che dà inizio alla transizione” (van der Loos, 2023; p. 10).

È inevitabile quindi considerare quali possono essere i rischi di una transizione iniziata così precocemente. Secondo le linee guida, i bloccanti della pubertà possono essere assunti compatibilmente con l’inizio delle fasi di sviluppo Tanner 2 o 3 (Marshall & Tanner, 1969), alla comparsa dei primi cambiamenti puberali, in media intorno ai dieci/undici anni. Che cosa comporta la sospensione dello sviluppo sessuale in quest’età? Si tratta di un intervento che mette “in pausa” il tempo, lo ferma e lo dilaziona. Alessandra Lemma, psicoanalista della British Psychoanalytic Society, autrice di articoli importanti sull’incongruenza di genere, ha descritto il pericolo per questi adolescenti di incorrere in quella che lei definisce una “interruzione del legame temporale”. Per Lemma (2016) l’intervento con i blockers e le trasformazioni che avvengono grazie alle terapie successive con gli ormoni cross-sex e con la chirurgia, in assenza di un lavoro di integrazione ed elaborazione, possono determinare a livello psichico una perdita del senso di continuità e linearità temporale personale. Il rischio è che al suo posto si insedi una fantasia di onnipotenza che fa perdere alla persona la capacità di elaborazione dei propri cambiamenti, e quindi la possibilità di effettuare il “lutto” positivo del corpo e del genere che lasciano. Secondo la psicoanalista, è improbabile che la sospensione della pubertà e la chirurgia affermativa abbiano un esito positivo se i processi di transizione non sono integrati in un racconto autobiografico coerente, in cui i tempi passato, presente e futuro non sono rimossi o compressi. È importante affermare, con la psicoanalista Avgi Saketopolou (2014), che l’elaborazione delle trasformazioni corporee e il lavoro sul legame temporale non comportano (e non vanno intese come) un ripensamento rispetto ai percorsi medici e ormonali, ma anzi sono dei prerequisiti per avere percorsi di transizione che da un punto di vista psichico siano integrati. Ciò significa che la psicoanalisi, se si apre a un ascolto profondo e non pregiudiziale, elaborando le resistenze controtransferali che facilmente i pazienti transgender suscitano - definite dall’analista Griffin Hansbury (2017) “ansie impensabili” - può essere di enorme aiuto a questi adolescenti. Al centro del lavoro terapeutico, insieme all’esplorazione dei significati profondi della propria identità di genere, può esserci infatti l’elaborazione soggettiva del tempo. Il tempo naturale dei processi di crescita e dei cambiamenti corporei, il tempo artificiale della sospensione ormonale, il tempo futuro temuto, sognato, costruito o idealizzato, il tempo presente dell’incertezza e della fretta. In questo tempo, l’apparato psichico non solo nasce e si sviluppa nel rapporto con il corpo, con le sue trasformazioni e sospensioni, nel dialogo e nelle negoziazioni con la propria identità, ma è anche abitato da una molteplicità di direzioni temporali in tensione tra di loro all’interno del soggetto. Nella stanza di terapia è necessario interrogarsi e lavorare su questo tempo, per far sì che venga abitato in modo più consapevole, libero e responsabile.

 

Bibliografia

Cahn, R. (1998). L'adolescent dans la psychanalise, Paris, PUF (Trad. Italiana, L'adolescente nella psicoanalisi, Roma, Borla, 2000).

Coleman, E., Radix, A. E., Bouman, W. P., Brown, G. R., De Vries, A. L. C., Deutsch, M. B., ... & Arcelus, J. (2022). Standards of care for the health of transgender and gender diverse people, version 8. International Journal of Transgender Health23(sup1), S1-S259.

Hansbury, G. (2017). Unthinkable Anxieties. Reading Transphobic Countertransferences in a Century of Psychoanalytic Writing. TSQ: Transgender Studies Quarterly4(3-4), 384-404.

Lemma, A. (2016). Present without past: the disruption of temporal integration in a case of Transsexuality. Psychoanalytic Inquiry36(5), 360-370.

Marshall, W. A., & Tanner, J. M. (1969). Variations in pattern of pubertal changes in girls. Archives of disease in childhood44(235), 291.

Panagiotakopoulos, L., Chulani, V., Koyama, A., Childress, K., Forcier, M., Grimsby, G., & Greenberg, K. (2020). The effect of early puberty suppression on treatment options and outcomes in transgender patients. Nature Reviews Urology17(11), 626-636.

Rew, L., Young, C. C., Monge, M., & Bogucka, R. (2021). Puberty blockers for transgender and gender diverse youth—a critical review of the literature. Child and Adolescent Mental Health, 26(1), 3-14.

Steensma, T. D., McGuire, J. K., Kreukels, B. P., Beekman, A. J., & Cohen-Kettenis, P. T. (2013). Factors associated with desistence and persistence of childhood gender dysphoria: a quantitative follow-up study. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry52(6), 582-590.

Van der Loos, M. A., Klink, D. T., Hannema, S. E., Bruinsma, S., Steensma, T. D., Kreukels, B. P., ... & Wiepjes, C. M. (2023). Children and adolescents in the Amsterdam Cohort of Gender Dysphoria: trends in diagnostic-and treatment trajectories during the first 20 years of the Dutch Protocol. The Journal of Sexual Medicine, qdac029.

 

Torna all'indice

Partners & Collaborazioni