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REPORT SERATA SCIENTIFICA DEL 18 MAGGIO 2022 . La pressione del Reale. Necessità e finzione nei processi di après coup.

Tra accostamenti successivi e ripetizione: il complesso lavoro dell’analista nel trattamento di faglie psichiche e traumi che l’après-coup non riesce a metaforizzare. Presentazione Maurizio Balsamo - Discussant Lucio Russo.


REPORT SERATA SCIENTIFICA DEL 18 MAGGIO 2022 . La pressione del Reale. Necessità e finzione nei processi di après coup.

Report di Marta Calderaro.

Il lavoro di Balsamo verte sulle situazioni cliniche in cui l’après-coup non riesce a tradurre o a ritrascrivere gli eventi traumatici, ma crea una seconda scena che tuttavia non consente di metaforizzare la prima. Lungo tutto il testo, peraltro, resta centrale il parallelo tra metonimia e metafora (se la metafora sostituisce, la metonimia accosta) e i diversi trattamenti del materiale clinico che possono essere realizzati con alcuni pazienti. 

La riflessione prende le mosse da un caso clinico (seguito da un Balsamo ancora candidato): un paziente, Luca, con una storia dolorosamente traumatica alle spalle, che inizia l’analisi – la sua seconda esperienza terapeutica, dopo una prima caratterizzata da severe regressioni – perché convinto di aver ingerito dei chiodi. Il fatto gli rende impossibile qualsiasi movimento, nonostante nella sua esistenza quotidiana Luca sia portato a muoversi in modo frenetico. Nel corso dell’analisi, la questione dei chiodi e della loro ricerca (attraverso svariate lastre e visite mediche) sarà messa dal paziente al centro del proprio mondo psichico rispetto alla storia di inganni, violenza, di abusi e di povertà psichica e materiale, storia che ritiene ormai non più rimediabile.

Anche in questo caso, dunque, è evidente la “necessità strutturale del difasismo” da parte della psiche, cioè la necessità di creare una seconda scena che consenta all’après-coup di connettere in modo inventivo scene apparentemente distanti, così da inserire il trauma nella narrazione, nelle associazioni, in un sintomo che non sia troppo aggressivo – in una parola, che consenta la metaforizzazione del trauma. Nel caso clinico presentato, invece, come nel racconto Adieu di Balzac, di cui Balsamo si serve come esemplificazione letteraria, un secondo colpo che presenti un “collasso topico” nel senso di una “riproposizione degli eventi” diviene metonimico, si colloca nel registro della contiguità e non della sostituzione e dunque non consente di appropriarsi del trauma, di interpretarlo secondo le deformazioni che caratterizzano la creatività della psiche.

Balsamo attira poi l’attenzione sulla funzione disorganizzante che riveste il trauma in questo paziente, che si presenta come vera e propria faglia psichica: non vi è “strappo del tessuto psichico” (Freud, La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi, 1924), ma la creazione di una “neorealtà” che deve passare attraverso il corpo, giacché il materiale traumatico non è trattabile psichicamente. Così introduce agilmente il discorso del corpo e del reale contrapposto al fantasmatico.

Se il fantasma, come si evince dalla comprensione del testo freudiano La dinamica della traslazione (912), non è primario ma si costituisce après-coup come metabolizzazione e traduzione, nel caso in questione il salto indotto dalla metafora (Lacan, Seminario III, La psicosi, 1955-56) risulterebbe rovinoso per la psiche del paziente. Non c’è dunque per lui la possibilità di un fantasma, ma solo di un funzionamento per metonimie, senza traduzioni simboliche né rappresentazioni.

Balsamo fa quindi l’esempio del romanzo di Louis Wolfson “Mia madre musicista è morta di melanoma maligno a mezzanotte tra martedì e mercoledì nella metà di maggio millenovecento77 nel mortifero Memorial di Manhattan”, del 1987, che già dalla eccezionale allitterazione del titolo rimanda ad un modo à cô, letteralmente, di gestire l’evento traumatico inassorbibile – in questo caso, la morte della madre.

In questi casi, conclude Balsamo, il fantasma non fa la sua comparsa in quanto tale ma come “dolore corporeo” e l’Erfahrung (esperienza che accade) non diviene mai Erlebnis (esperienza che viene vissuta). Intuendo ciò, l’analista non ha avuto altra scelta – salvo “abusare” nuovamente il paziente con una metafora dal valore di nuovo trauma – se non quella di procedere insieme a lui per metonimie, per “accostamenti successivi”. Questo ha permesso, gradualmente ed attraversando una grande concretezza, di costruire un luogo e un tempo per la scena dell’ingestione dei chiodi, di inserirvi degli altri oggetti, di dar loro una direzione, per arrivare al terreno di una scena psichica ancora da costruire.

La discussione del testo, di Lucio Russo, parte dall’idea del fallimento in analisi. In questo caso il paziente va salvato dalla morte psichica “rinunciando al salto metaforico della cura”, ponendosi necessariamente sul versante della salvezza e non della guarigione.

Ulteriore significato della rinuncia all’interpretazione, con l’utilizzo di metonimie insieme al paziente, è secondo Russo quello di uscire dalla dimensione autoerotica del paziente, come Masud Kahn che ai pazienti parlava della propria follia per indurli a riconoscere l’alterità. Balsamo crea gradualmente uno spazio a due, in cui il paziente può consentirsi di uscire dal claustrum in cui il corpo gode incessantemente senza necessità dell’Altro.

L’intervento di Amalia Giuffrida ricorda quanto affermava Winnicott, che bisogna che l’analista fallisca perché accada qualcosa. Nel caso esposto, l’analista incarna l’oggetto traumatico, ma con l’attenuazione conferita dalle sue teorie di riferimento.

I successivi interventi (Pia De Silvestris, Alessandro Americo, Fabio Castriota) valorizzano un metodo che oltrepassi l’ermeneutica e la metafora a favore di un linguaggio e di uno spazio condivisi tra paziente e analista, mentre Gemma Zontini mette l’accento sui tentativi del paziente di recuperare uno sguardo nello specchio e sulla caratteristica perversa dei suoi scenari, in quanto fissi, “inchiodati”. 

Riprendendo questo ultimo intervento, Balsamo conferma che ci si trova, con questo paziente, nel campo del diniego (come accade anche nelle perversioni) e dell’assenza dei meccanismi dell’Inconscio rimosso.

Precisa poi il parallelo tra metonimia e metafora. Se quest’ultima va interpretata come movimento tra diversi dominii, la metonimia va considerata come movimento nell’ambito dello stesso dominio. C’è tra i due concetti la stessa distanza che si trova, rispettivamente, tra le libere associazioni e, ad esempio, il disturbo psicosomatico, ma il contesto che la metonimia permette di creare arricchisce lo scenario psichico di altri oggetti.

La discussione tra Balsamo e Russo prosegue citando il caso Warburg (preso in analisi da Binswanger con la supervisione di Freud) ed interrogandosi sul reciproco “scambio umano” tra paziente ed analista nell’analisi di Warburg, oltre che sul ruolo di Kräpelin che ha permesso a Warburg l’atto trasformativo del soggetto (una conferenza; per il paziente di Balsamo tale atto può essere collocato nel primo rapporto sessuale, che ha posto fine alla loro analisi).

L’intervento finale della serata, da parte di Balsamo, fornisce una possibile spiegazione della “scelta” dei chiodi come seconda scena. Se da un lato, infatti, i chiodi assicurano il proprio corpo a quello della madre, insieme alla sorella del paziente (che nella catena metonimica è stato possibile affiancare ai chiodi, all’odio, alla volontà di sopravvivenza) sono anche il tentativo della psiche di salvarsi dalla simbiosi potenzialmente mortifera inserendo un’intercapedine tra il proprio corpo e quello della madre, a riprova del fatto che la psiche tende alla salvezza anche in situazioni così desertificate.



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