Recensioni e Pubblicazioni dei Soci

RIFLETTENDOCI MEGLIO - Recensione di Luisa Cerqua


RIFLETTENDOCI MEGLIO -  Recensione di Luisa Cerqua

Perché scalare le montagne?

Recensione di Luisa Cerqua

 

“Perché scalare le montagne?... Perché ci sono!” Risponde Bion![1]

Altrettanto si potrebbe dire dell’idea di mettere mano alla ri-traduzione dell’opera di Bion dopo quasi un cinquantennio.

L’idea e l’impresa nascono in seno al gruppo di studio organizzato da Loredana Micati, con alcuni colleghi romani della SPI, desiderosi di affrontare e commentare Bion attraverso l’approccio diretto al testo inglese. Ci era possibile godere del privilegio di una traduzione dal vivo generosamente fornita da Loredana Micati, di capitolo in capitolo. Il lavoro è iniziato attraverso la traduzione in diretta e lo studio di Second Though (Bion 1967), pazientemente comparato pagina per pagina, “parola per parola”, con Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico già pubblicato in Italia nel ‘70 dall’editore Armando. Questo minuzioso e capillare lavoro di confronto ci ha permesso di rilevare come parti di quella traduzione ‘storica’ andassero riviste o ripensate, corrette e talora reintegrate di passi omessi dal traduttore. Ben presto il gruppo attivato in questa direzione, dall’esortazione di Angela Iannitelli, ha avvertito l’esigenza di capitalizzare quel prezioso e faticoso lavorio, anche al fine di condividerlo, esigenza sfociata nella stesura di una vera e propria ri-traduzione di Second Though (meticolosamente curata da Micati E Zecca) pubblicata dall’editore Astrolabio con il titolo Riflettendoci meglio (L. Micati, L. Zecca, ed. Astrolabio 2016).

Riflettendoci meglio, però è solo la prima tappa di un progetto che è proseguito negli anni con la ri-traduzione curata da Micati-Zecca di altre opere di Bion: Apprendere dall’esperienza (2019), Elementi di psicoanalisi (2021), Trasformazioni attualmente in corso. Loredana Micati, nella sua prefazione a Riflettendoci meglio libro, sottolinea come l’obiettivo di questo paziente e minuzioso lavoro sia stato quello di riuscire ad: “…offrire ai lettori italiani un’esperienza il più possibile affine all’esperienza del lettore di madrelingua inglese di fronte al testo originale”.

Nel leggere Bion le difficoltà di comprensione derivanti dalla complessità del pensiero e dello stile letterario, non scevro di ambiguità, vanno di pari passo a quelle inerenti l’opera del “tra-durre”, difficoltà emerse e affrontate proprio grazie al lavoro di analisi comparata tra i testi inglesi e le loro precedenti traduzioni. Con  Riflettendoci meglio (Second Though), Micati e Zecca accettano perciò di sottoporsi al non facile compito di verificare l’appropriatezza linguistico-terminologica di un testo assai diffuso qual è Analisi degli schizofrenici,  assumendo l’onere di ‘revisionare’ quanto nella traduzione del ’70 (a quell’epoca non si disponeva dell’attuale padronanza dell’inglese e del pensiero bioniano), esponeva quel testo a sviste, omissioni di brani e opinabili attribuzioni di significati,  termini o frasi, che possono dare involontariamente luogo a una sottile catena di successivi significativi travisamenti .

 Come le traduttrici fanno notare, il prezioso lavoro di traduzione svolto da valenti analisti italiani negli anni ‘70, permise al Movimento Psicoanalitico Italiano di mettersi al passo con i grandi pensatori stranieri introducendo il pensiero psicoanalitico internazionale, un lavoro che risente tuttavia dello spirito del suo tempo e dell’urgenza di uscire dall’isolamento culturale pregresso generato dal Fascismo. Purtuttavia, è necessario rapportarsi con l’evidenza che quelle traduzioni finalizzate ad: “…acquisire e condividere al più presto la conoscenza di Bion tende a sciogliere le ambiguità, operare scelte nette, delimitare e definire i concetti…piuttosto che scontrarsi con un testo spiazzante e geniale, cerca di ‘domarlo’ per renderlo più accessibile al lettore italiano”.

Dunque, come osserva M. Balsamo, nessuna opera di traduzione sfugge al problema connaturato al “Tradurre”, un’attività che comporta l’immergersi in un vero e proprio “campo di forze…combattimento dove si giocano complesse posizioni di potere, di auctoritas, di possesso del testo fino alla creazione di eresie… alla verità posseduta”, che per Bion sarebbe -K “, (M. Balsamo, Psyche 2015, Traduzioni, pag.299). Balsamo indica altri due aspetti peculiari del tradurre accostando chi traduce al “… passeur che sposta il godimento indigeno del dire in un altro luogo”, e la traduzione a “…un’esperienza di esilio, traslazione e transumanza di una lingua verso l’altra” (idem. pag. 305).

Loredana Micati e Luciana Zecca sembrano avere bene in mente questi aspetti e il loro intento dichiarato è soprattutto quello di affrontare il ‘trasferimento’ del discorso bioniano con uno spirito di fedeltà e chiarezza che renda conto anche dell’esigenza bioniana di mantenere certi impliciti, di non ‘tradire’ il segreto o ‘completare’ il testo, ossia quanto l’autore ha consciamente, o no, lasciato tra le righe. Le autrici evidenziano l’importanza di lasciare al lettore il diritto di poter vivere sia la fatica, sia la gioia della scoperta del ‘suo’ testo, senza sentirsi ‘forzato’ a prendere per buono quello del traduttore, ben consapevoli che “quanto resta implicito e va ripensato più e più volte”, è una costante peculiare di tutta l’opera di Bion. L’esperienza vissuta in gruppo, all’interno del progetto di Loredana Micati, si è rivelata un’occasione molto particolare di sperimentare dal vivo proprio questa peculiarità del pensiero di Bion. Lo studio di Second Though affrontato con le modalità che ho descritto, ha presentato difficoltà e opportunità non previste, non esclusa quella di trovarsi nella situazione di dover “disapprendere” o risignificare, elementi assimilati utilizzando le precedenti traduzioni che, via via, andavano svelando anche il: “…diverso modo in cui i due autori, Bion e Bordi (suo primo traduttore in italiano) si pongono di fronte all’esperienza.” (Pref. pag. 9)

Progressivamente potevamo constatare che, attraverso un certo stile del tradurre, andava perduta in particolare una componente importante per Bion, vale a dire: “…il significato di un modo particolare di entrare in rapporto con l’esperienza, l’emozione, il pensiero… L’attitudine al dubbio, la capacità di attendere, di tollerare di non sapere, d’incontrare l’ignoto.” (Pref. pag. 8) Insomma quel che Bion definisce ‘capacità negativa’, la capacità di tollerare il dubbio.

In effetti una peculiarità di Second Though è quella di far vivere al lettore, non senza difficoltà, proprio il disagio dell’esperienza emotiva legato alla: “…impervietà del movimento verso la conoscenza e la provvisorietà di ciascun passaggio…di un testo che risulta intrinsecamente ambiguo e, a volte, intollerabilmente complesso” (Micati).

Il pensiero di Bion fa sentire continuamente esposti alla non piacevole sensazione di perdere di vista ciò che si è appena letto e afferrato, esperienza non dissimile da ciò che si può vivere quando si ha a che fare con la psicosi e Second Though è un itinerario di riflessione sulla psicosi quindi: “…un’esperienza che disorienta; il testo bioniano sulla psicosi fa vivere anche al lettore un’esperienza fortemente disorientante, fa vivere le esperienze attraverso il testo” (Micati).

Immergersi in un pensiero che fluisce sempre aperto al dubbio e al ri-pensamento piuttosto che alle certezze, che non vuole “essere assimilato” ma, al contrario, pone chi legge di fronte all’esperienza di “assimilarsi” per gradi successivi al modo di procedere di un genio qual è Bion, provoca una certa insofferenza e ripetute frustrazioni. Stato interno che espone alla necessità e alla possibilità di dover far fronte alla ‘frustrazione’, vale a dire l’esperienza a cui Bion subordina il possibile sviluppo del pensare, fatalmente influenzato dalle strategie assunte per evitare, tollerare o modificare la frustrazione.

Penso che l’interazione tra le psicoanaliste traduttrici e il gruppo di colleghi, abbia rappresentato un peculiare campo esperienziale, una “sala degli specchi” e una sorta di “coro”, atto a facilitare significazione e risonanze emozionali collegate agli inevitabili momenti d’impasse, ottusità e smarrimento, individuali o collettivi. Si potrebbe definire una ‘realizzazione’ del campo emozionale alimentato dal confronto con gli ostacoli, le perplessità e le difficoltà prodotte dal lavoro di comprensione del testo bioniano. Un campo emozionale che, forse, ha contribuito a sostenere e motivare la fatica delle traduttrici, peraltro esposte a un continuo test sui vissuti emotivi che il lettore finale, di solito, sperimenta e sostiene in solitudine. Una situazione non certo usuale, sia per un autore sia per i suoi traduttori.

Senza aggiungere altre valutazioni e commenti sulla differenza tra le due traduzioni, riporto dei passi presi da entrambe le traduzioni.[2] (Contributo di Luciana Zecca)

Da Riflettendoci Meglio:

  • “Ci fu un silenzio. […]. All’epoca questi dettagli non erano importanti, ma appartenevano piuttosto alla periferia del flusso principale delle sue associazioni. […]. La sua cerchia di conoscenze era molto ampia e, poiché il tema dell’analisi derivava dal contenuto della storia, non avevo ragione di prestare molta attenzione ai vari personaggi che egli casualmente menzionava. È a questo aspetto delle sue associazioni, ora divenuto centrale e non più periferico, che devo retrospettivamente tornare.”

(RM; Il gemello immaginario, pag. 18, § 12)

Da Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico

  • “Non mi rispose. […]. I particolari a cui mi riferisco riguardano certi aspetti che fino allora erano apparsi irrilevanti, appartenevano semmai ad una corrente collaterale delle associazioni libere. […]. Poiché gli amici di cui parlava erano parecchi e dato che il suo interesse era principalmente rivolto al contenuto dell’aneddoto, sulle prime mi sfuggì che, contrariamente alle apparenze, l’aspetto più importante del materiale consisteva nella tipologia dei personaggi di cui di volta in volta mi parlava. (Traduzione mancante)”.

(AdS; Il gemello immaginario, pag. 22, § 12)

 

In Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, quella che Bion chiama “periferia del flusso principale delle sue associazioni” (the periphery of the main stream of his associations), diventa “corrente collaterale”. Questa scelta obbliga il primo traduttore a saltare l’ultima parte del brano riportato, il cui senso diventa inspiegabile se non si rispetta la “periferia”.

Nel paragrafo 31 di seguito riportato, a causa della perdita della “periferia” appena menzionata, nella traduzione del 1970 non è possibile parlare del movimento della rappresentazione, nel flusso associativo, da una posizione periferica verso una posizione più centrale.

 

Da Riflettendoci Meglio:

  • Via via che le sue paure relative ai propri meccanismi psichici diminuivano, divenne per lui possibile consentire che la loro presenza si manifestasse attraverso il muoversi della loro rappresentazione, nel flusso associativo, verso una posizione più centrale.

(RM; Il gemello immaginario, pag. 31, § 31)

Da Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico:

  • “quando le paure si mitigarono (traduzione mancante), il paziente divenne capace di sopportarne la presenza nei momenti in cui si accingeva a prenderne atto lasciandole emergere nel corso associativo”

(AdS; Il gemello immaginario, pag. 40, § 31)

 

L’altro punto riguarda l’inizio della frase: “Ci fu un silenzio”, qualcosa che accade nella stanza di analisi e che non è attribuita a nessuno dei due soggetti in particolare, viene presentata in Da Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico come un punto di vista soggettivo, quello dell’analista che rileva che il paziente non risponde.

Nel § 14 Bion, riprenderà così:

Da Riflettendoci Meglio:

  • “Torniamo ora al paziente che avevamo lasciato silenzioso dopo che avevo riepilogato i problemi cui doveva fare fronte prima di poter prendere una decisione sul trattamento; gli chiesi a cosa stesse pensando.”

Bion dunque non attende una risposta, riepiloga al paziente i problemi che deve affrontare prima di poter prendere una decisione. Il punto non è la risposta, ma il fatto che Bion attende che su questo si possa pensare.

 

Ancora[3]:

Da Riflettendoci Meglio

 

  • “Se un paziente si comporta come se fosse inconsapevole dello scorrere del tempo e l’analista considera importanti sia lo scorrere del tempo sia il fallimento nel rendersene conto, egli ha bisogno di sapere come la diversa attitudine abbia origine. Di cosa è consapevole l’analista e come ne diventa consapevole? Il ‘tempo’ ‘scorre’? Se non lo fa, è assurdo aspettarsi che il paziente sia consapevole del suo ‘scorrere’”

(RM; Commentari, pag. 147)

Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico:

  • “Se per es. l’analista ha a che fare con un paziente che si comporta come se il tempo non esistesse e ritiene che sia il trascorrere del tempo sia il difetto di percezione di questo trascorrere siano importanti, egli ha bisogno di sapere com’è insorto questo singolare atteggiamento verso il tempo. Cosa sa l’analista a riguardo e cosa fa per saperlo? Lascia passare il tempo? Se non fa nulla è assurdo che si aspetti che il paziente diventi consapevole di questo trascorrere.”

(Ad S; Commentario, pag. 209)

Ho cercato di fornire qualche esempio di differenze di traduzione, senza riuscire, credo, a esprimere la particolare difficoltà di questi testi. Certo, ogni traduzione pone i suoi problemi; come osserva Maurizio Balsamo.

 

 

[1] W. R. Bion, Prefazione alla mai edita Antologia dei poeti.

[2] Gli esempi di traduzione sono tratti dalla presentazione, a cura di Luciana Zecca, di Riflettendoci Meglio, il 7 ottobre 2017, presso l’APA.

[3] Tratto dalla presentazione, a cura di L. Zecca, nel corso del Seminario sul tradurre in psicoanalisi, dell’11 novembre 2017, presso l’IPG, con L. Micati e L. Zecca

 

 



Partners & Collaborazioni