Ripensare la diversità sessuale e di genere: alcune riflessioni psicoanalitiche

In questo breve lavoro gli autori si propongono di percorrere il tema della diversità di genere e dell’orientamento sessuale a partire dal pensare in gruppo. Come cercare di costruire uno spazio nuovo aperto al dialogo e all’esperienza della molteplicità e dell’inclusività?

Davide Bruno, Manuela Caslini, Laura Balottin

 

In questo lavoro ci proponiamo di rendere conto delle riflessioni scaturite dal lavorare in gruppo sul tema del genere in un’ottica psicoanalitica. L’occasione è stata fornita dalla decisione di partecipare al Primo Tiresias Award del 2021, promosso dal Comitato di Studio sulla Diversità Sessuale e di Genere dell’IPA. A quel tempo, la pandemia legata alla diffusione del Covid aveva portato a decisioni governative che imponevano l’isolamento degli individui, per cui gli scambi usuali erano preclusi, e il training si svolgeva necessariamente da remoto. La domanda che ci siamo posti come candidati è stata quindi: come uscire da questa condizione di isolamento e di impotenza? Riunirci seppur a distanza per riflettere intorno ad un tema di studio ci è sembrata una buona occasione per riattivare i legami e il pensiero. Il nostro gruppo si è così costituito spontaneamente attorno a questo progetto: come partecipanti avevamo in comune la condizione di candidati, differendo invece per diversi altri aspetti tra cui il sesso, la provenienza geografica, le preferenze legate all’orientamento teorico, la professione di medico o psicologo, solo per citarne alcuni. Il punto di partenza del nostro lavoro è stato legato a due diverse considerazioni: da una parte il mandato istituzionale di ripensare alle tematiche che si riferiscono al genere e all’orientamento sessuale in un’ottica che non fosse gravata da bias legati a posizioni stigmatizzanti e violente. Dall’altra dalla riflessione, sorta cammin facendo, che letture “classiche” del materiale clinico che avevamo cominciato a condividere si rivelavano riduttive, in quanto parevano non restituire la complessità delle esperienze vissute dalla coppia paziente-terapeuta. Insomma, se da una parte ci sembrava vitale “venire fuori” dall’isolamento legato al Covid, dall’altra, e in modo parallelo, ci sembrava sempre più indispensabile trovare delle vie che ampliassero la nostra visione.

Adottando un’ottica costruttivista, si trattava di porsi in una posizione che decostruisse alcune equivalenze che legavano in maniera trascendentale l’orientamento sessuale e l’appartenenza di genere a categorie e meccanismi psicologici dati. Ad esempio, l’omosessualità è legata a priori a un deficit nello sviluppo psicosessuale (Bergler, 1959) o ad un disturbo della personalità (Bergler, 1944)? Alcuni aspetti riguardanti l’incongruenza di genere, per come è attualmente definita nell’ICD 11, sono sempre spiegabili in maniera convincente evocando meccanismi di difesa psicotici (Greenson, 1966)? La riassegnazione sessuale, resa possibile dalle attuali tecnologie bio-mediche, può essere concepita altrimenti che come l'espressione di una onnipotenza infantile che rimanda ad aspetti indifferenziati (Stoller, 1968)? Certamente siamo consapevoli che orientamento sessuale e appartenenza di genere rimandano a questioni differenti, ma si tratta qui di rendere conto di alcune posizioni che non solo rischiano di stigmatizzare i pazienti, ma anche gli analisti che appartengono a minoranze di genere o sessuali (Saketopoulou, 2020). Come l’ha ricordato Bruce Levin (2018) gli analisti appartengono a diversi gruppi sociali e culturali, a sessi e generi differenti, sono eterosessuali e gay, liberali, conservatori e tutto ciò che sta in mezzo a queste polarità, esattamente come i loro pazienti. Questa rappresenta certamente una delle ricchezze delle Società di Psicoanalisi che si confrontano con le nostre società contemporanee plurali. Lo stigma non riguarda solamente il campo dei diritti umani, ma ha a che fare con i presupposti fondamentali di ordine epistemologico. Rispetto a determinati fenomeni, qual è la mia posizione di osservatore? La prospettiva da cui si guardano le cose influenza inevitabilmente il nostro giudizio su di esse. Così, come amava ripetere durante le sue lezioni Fausto Petrella (1993), richiamando il principio di indeterminazione di Heisenberg in Fisica, è necessario interrogarsi costantemente sulla propria posizione di terapeuti, perché questo non può che arricchire la ricerca del senso che diamo alle cose in quanto psicoanalisti. Tale questione apre anche a riflessioni di ordine etico e scientifico, sulla responsabilità della rappresentazione che le discipline di cura danno rispetto alle variazioni sessuali e di genere.

Alcune culture riconoscono generi soprannumerari, come ad esempio avviene per il winkte tra i Sioux. Si può quindi affermare che alcune società mostrano un approccio flessibile rispetto all’identità di genere, che si presenta in tali casi multipla e non legata alla fissità che si osserva invece nelle società occidentali, in relazione all’eredità giudaico-cristiana (Davis, 1998). Le questioni identitarie sono quindi pensate in modo diverso dagli esseri umani, a seconda del contesto in cui si trovano a vivere, tanto che in alcuni casi la cultura prevede l’espressione sociale di identificazioni multiple e che variano nel tempo. Si può quindi ipotizzare che i processi di identificazione non solo siano multipli, ma anche che seguano destini diversi e che varino nel tempo e nell’espressività. In questo senso, la dicotomia maschile/femminile, normale/patologico si presenterebbe inadeguata nel rendere conto di tali aspetti, che hanno a che fare con la complessità dell’essere umano in relazione con se stesso e col mondo. Nel ripensare in gruppo al materiale clinico ci siamo trovati spesso ad interrogarci, spiazzati, non solo sulle identificazioni dei pazienti, ma anche sulle nostre di terapeuti. Questo continuo interrogarsi sulla spinta dei movimenti transferali e controtransferali, in senso ampio, non solo rappresenta l’oro della nostra disciplina e il fondamento dell’apprendimento dall’esperienza, ma anche l’antidoto per resistere alla tentazione di liquidare le questioni connesse al genere e alla sessualità in un modo che possa apparire dogmatico e giudicante. Certamente questo discorso può apparire sbilanciato, per così dire, dal lato del terapeuta e dei possibili bias che possono interferire nella relazione analitica. Tuttavia, quel che importa qui sottolineare è la specificità delle questioni legate al genere come possibili fonti di angoscia da entrambe le parti, di cui quella dell’analista dovrebbe essere illuminata da un raggio di più intensa oscurità, per citare Grotstein (2009). Ci sono cose che ancora non sappiamo, come ad esempio il perché molti adolescenti oggi si rapportino nelle nostre società a questioni legate al genere in termini non definitori, fluidi o non-binari. Tali affermazioni sembrano riproporre il gioco della ricerca dell’identità a cui sono confrontati gli esseri umani per opposizione a quanto le generazioni precedenti hanno potuto elaborare, in un’età particolarmente sensibile a tale tematica (Dresher, 2022).

Successivamente alla stesura del lavoro per l’Award IPA, il nostro gruppo si è confrontato con la presentazione dei due casi presentati nello scritto all’interno di gruppi di lavoro legati a seminari, conferenze, intervisioni. La scelta di presentare lo stesso materiale clinico in diverse occasioni di gruppo potrebbe essere paragonata alla situazione descritta da Bollas (2009) in cui, se l’analista domandasse ad ogni nuova seduta al suo paziente di presentare lo stesso sogno, evocando ogni volta le associazioni che il sogno suscita si accorgerebbe che quel singolo sogno porta ogni volta a nuovi significati e apre senza sosta nuove vie di pensiero. Tale esperienza ha infatti stimolato l’ulteriore riflessione degli autori. Abbiamo potuto osservare in linea generale che da posizioni inizialmente polarizzate, si giungeva solitamente a posizioni di maggior dialogo e maggior integrazione. Questo ha riguardato in primis il gruppo di lavoro originario stesso, in cui si è inizialmente assistito ad una violenta contrapposizione dicotomica di posizioni. Esse da una parte utilizzavano una teoria psicoanalitica più “classica” che veniva sentita però dall’altra parte del gruppo come un’imposizione talvolta stigmatizzante rispetto al vissuto dei pazienti, facendo tornare alla memoria il concetto cardine della formazione medica primum non nocere. Sull’altro versante l’accettazione e l’accoglienza erano vissute come un “pregiudizio” e una posizione ideologica (“malattia dell’accoglienza”) che portava infine al divieto a pensare in maniera critica (contro la moda). D’altronde forse anche pensare alla coincidenza tra sesso biologico e genere può essere considerata una ideologia, per giunta non sottoposta a critica come tale (Saketopoulou, 2021). Un altro meccanismo di difesa che è stato messo in campo nei gruppi di lavoro e discussione è stato la negazione/rifiuto dell’esistenza di una questione specifica intorno al genere, riconducendolo a delle categorie esistenziali e più familiari nella teoria psicoanalitica (e.g. terrore senza nome, patologia narcisistica). Ciò ha suscitato un’estrema confusione nei presentatori. Discutendo della nostra risposta emotiva alle sollecitazioni del gruppo siamo tuttavia arrivati a pensare che la negazione della questione trans come specifica riproponga il fenomeno socialmente più ampio della negazione dell’identità trans con il movimento contrapposto di rabbiosa rivendicazione da parte del gruppo rinnegato. Questo fenomeno, che ai suoi estremi può sostanziarsi in interventi censori o persino violenti da parte dell’autorità di “messa a tacere” di contenuti inaccettabili o “fastidiosi”, probabilmente trae origine dagli stessi movimenti inconsci che hanno suscitato la reazione di iniziale rifiuto che entrambi i terapeuti hanno provato nei confronti dei loro pazienti “trans” nei casi riportati (Balottin et al. 2022).

Per concludere, si potrebbe affermare che una critica all’interno del movimento psicoanalitico rispetto ai bias che si possono incontrare nel trattare le questioni sessuali e di genere sta emergendo sotto la spinta, tra l’altro, del Comitato sulle Differenze Sessuali e di genere dell’IPA. Tale critica si avvale di apporti interdisciplinari riguardanti la storia della psicoanalisi, i gender studies, l’antropologia culturale e il movimento femminista. A tal proposito, il 29 giugno 2022 l’Associazione Psicoanalitica Finlandese, ha pubblicato un comunicato di pubbliche scuse “per tutte le opinioni espresse nella sua sfera di influenza, che hanno contribuito a rendere le persone appartenenti a minoranze sessuali e di genere stigmatizzate come malate, perturbate, con problemi di sviluppo o in qualsiasi altro modo anormali, in funzione del loro orientamento sessuale o della diversità di genere”. Tale comunicato, come ha riferito la Presidente durante il convegno della Federazione Europea di Psicoanalisi del 2022 a Vienna, è nato dopo diverso tempo di ricerche e riflessioni sul campo.

La complessità dei temi presentati dai pazienti rispetto al genere suggerisce la necessità di aprire lo spazio terapeutico a interpretazioni multiple, che possano permettere al paziente la comprensione e l’appropriazione di una propria narrativa. A tal fine appare fondamentale la creazione di uno spazio terzo che apra il campo al dialogo e permetta il superamento delle barriere narcisistiche. Le domande perturbanti che riguardano l’identità poste dai pazienti transgender risuonano nei terapeuti non solo rispetto alle questioni che riguardano la propria identità personale, ma anche rispetto a quella professionale: la paura della stigmatizzazione dei pazienti nei confronti della società non potrebbe presentarsi parallelamente nel terapeuta come paura di non essere considerato sufficientemente “ortodosso” rispetto alle teorie di riferimento? Il lavoro dello psicoanalista ha a che fare con quel che ancora non è conosciuto e che emerge via via, non senza che questo sia esente dall’emersione di una certa angoscia (Bion, 1967): in questo senso queste occasioni di dialogo aperto e non giudicante tra colleghi appaiono fondamentali per accedere ad un pensiero nuovo e creativo.

 

Bibliografia

Balottin, L., Bruno, D., Caslini, E., Pistarino, D.J. (2022). Ripensare il genere insieme ai pazienti gender-fluid. Due casi riletti a partire dalla discussione in gruppo. Relazione presentata al XX Congresso S.P.I., Napoli, 26-29 maggio 2022

Bergler, E. (1959). One thousand homosexuals: Conspiracy of silence, or curing and deglamorizing homosexuals? Paterson, NJ: Pageant Books

Bergler, E. (1944). Eight prerequisites for the psychoanalytic treatment of homosexuality. Psychoanalytic Review, 31, 253–286.

Bion, W. (1967). Notes on memory and desire. The Psychoanalytic Forum, 2(3), 272-273; 279-280

Blass, R.B., Bell, D., Saketopoulou, A. (2021). Can we think psychoanalytically about transgenderism? An expanded live Zoom debate with David Bell and Avgi Saketopoulou, moderated by Rachel Blass. Int J Psychoanal.102(5):968-1000

Bollas, C. (2009). The Wisdom of the Dream, Psychoanalysis in Europe. EPF Bullettin, 63, 24-34

Davis, L.D. (1998). The Sexual and Gender Identity Disorders. Transcultural Psychiatry, 35(3): 401-412

Dresher, J. (2022). IPA webinar, Rainbow Families.

Greenson, R.R. (1966). A transvestite boy and a hypothesis. The International Journal of Psychoanalysis, 47(2-3), 396–403.

Grotstein, J.S. (2009). Un raggio di intensa oscurità. L’eredità di Wilfred Bion. Milano: Raffaello Cortina Editore

Levin, B. (2018). The Best-Kept Psychotherapy Secrets. How to get help with today’s “problems of living”. Psychology Today

Petrella, F. (1993). Turbamenti Affettivi e alterazioni dell’esperienza. Milano: Raffaello Cortina Editore

Saketopoulou, A. (2020). Thinking psychoanalytically, thinking better: reflections on transgender. International Journal of Psychoanalysis, 101(5), 1019-1030.

Stoller, R.J. (1968). A Further Contribution to the Study of Gender Identity. International Journal of Psychoanalysis 49, 364-368

 

Torna all'indice

Partners & Collaborazioni