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LASCIAMOCI ANCORA SPAVENTARE DAI MOSTRI - Recensione di Valeria Condino, Alexandro Fortunato, Leonardo Spanò

Il libro di Paul B. Preciado "SONO UN MOSTRO CHE VI PARLA" ci obbliga a farci domande, possiamo rifiutarlo o accoglierlo, ma dopo averlo letto non possiamo voltarci dall’altra parte.


LASCIAMOCI ANCORA SPAVENTARE DAI MOSTRI - Recensione di Valeria Condino, Alexandro Fortunato, Leonardo Spanò

“Vorrei essere stata un ragazzo, disse. Un ragazzo che poi ha cambiato sesso. Un ragazzo che prima era un ragazzo e si comportava come un ragazzo e poi, ma solo poi, ha cominciato a sentire di essere anche una ragazza, soprattutto una ragazza, fino a quando ha capito di essere soltanto una ragazza.”

Luca Doninelli, La conoscenza di sé

 

 

Tu mi vorresti come uno dei tuoi gatti/castrati e paralleli: dormono in fila infatti/e fanno i gatti solo di nascosto/quando non li vedi. Ma io non sarò/mai castrata e parallela. Magari me ne vado,/ma tutta di traverso e tutta intera.

Patrizia Cavalli, Pigre divinità e pigra sorte

 

 

Il 17 novembre del 2019 Paul B. Preciado, filosofo, attivista transfemminista, curatore d’arte e autore, tra gli altri, di Testo tossico. Sesso, droghe e biopolitiche nell'era farmacopornografica (Fandango, 2011), interviene al Ciclo delle giornate internazionali dell’École de la Cause Freudienne. Parla davanti a 3500 psicoanalisti provocando reazioni forti e controverse: l’auditorio reagisce protestando e l’intervento viene interrotto. Ma cosa stava dicendo Preciado di così sconvolgente?

Il discorso viene filmato e postato online in modo frammentato e deformato; seguiranno alcuni appassionati post di protesta e altri di sostegno finché su Preciado calerà il buio. In Italia quasi non se n’è parlato.

Sono un mostro che vi parla è la trascrizione completa del discorso del filosofo al convegno dell’École, pubblicato con lo scopo di presentarlo nella sua integrità per nutrire un dibattito paradossale, una critica alla psicoanalisi e un invito appassionato alla comunità degli psicoanalisti a pensare.

Bisogna qui sgombrare il campo da fraintendimenti e inutili polemiche: non si tratta di uno dei (sempre più numerosi) libri anti-psicoanalitici che affollano le librerie. Si tratta proprio del contrario: è questo, infatti, un libro che ha profondamente a cuore la psicoanalisi, che rispetta il suo insegnamento e che lo conosce nei due sensi della spada: da paziente e da teorico. Ma, soprattutto, questo libro rappresenta una grande occasione, ovvero quella di riattivare una profonda riflessione circa gli elementi più caratteristici che da sempre connotano i centri di interesse della pratica psicoanalitica: la sessualità e le relazioni fra umani.

Partendo dal presupposto che la psicoanalisi freudiana ha messo al centro delle sue teorie cliniche e patologiche la normalizzazione della femminilità e della mascolinità eterosessuali, Preciado espone la pericolosità del concetto di differenza sessuale e del suo determinismo biologico, concetti che incatenano l’identità, il genere e la sessualità ad una sola parte del corpo: i genitali. Inoltre, la differenza sessuale è secondo Preciado, un’epistemologia: solo l’ultima delle teorie della sessualità che segue quella della monosessualità, quando le donne erano viste semplicemente come il contrario dell’uomo, e di conseguenza rappresentate come mancanza rispetto alla pienezza maschile, e che “su questo regime si regge il sistema patriarcale, eteronormativo e coloniale”.

Può la teoria della differenza sessuale lasciare il posto alla possibilità di pensare anche altro? Nella sordità verso questa domanda la prima vittima sembra essere proprio la teoria freudiana: perché una pratica, un metodo che ha davvero rivoluzionato il modo di pensare alla vita sessuale dei soggetti si è trasformata in una teoria della normalizzazione, talvolta con esiti quasi reazionari?

Jacques Derrida (2002) sottolineava come la capacità dei mostri sia quella di “rivelare di colpo l’impotere” perché o troppo influenti o troppo minacciosi per il potere stesso. Ad ogni modo ciò che essi inevitabilmente producono è sempre un effetto traumatico. Ma, dopo questo primo evento, si assiste immancabilmente a operazioni di addomesticamento dei mostri (normalizzazione, legittimazione, assuefazione). È invece importante che l’apparizione del mostro rimanga e produca sempre un trauma, che sia qualcosa che terrorizza, che spaventi. La psicoanalisi nella sua reazione difensiva e normalizzante del discorso queer[1] rischia proprio questo: un’operazione di addomesticamento. I mostri debbono continuare a spaventare, così da rendere possibile una reazione, un pensiero. Se mai si potesse cogliere un aspetto positivo nella brutalità di un trauma sarebbe proprio la capacità di scossa, di risveglio, di messa in opera di soluzioni che produce. I mostri non possono essere annunciati, altrimenti diventano animali mansueti; la potenza esplosiva del queer, il suo restare inassumibile alla teoria, il suo generare fastidio e sconcerto non può divenire domestico ma deve continuare a rappresentare qualcosa di profondamente estraneo e perturbante.

Preciado ha fatto della sua vita e della sua opera un atto rivoluzionario che sfugge alle logiche diagnostiche. E qui c’è da chiedersi: perché gli psicoanalisti davanti alle persone queer reagiscono invocando la diagnosi? Perché etichettare come psicosi qualcosa che non conosciamo? A cosa serve chiudere il discorso prima ancora di averlo aperto?

Stupisce il clamore che ancora oggi possa suscitare una riflessione come questa e consola leggere cosa scriveva Elvio Fachinelli nel 1974 prefacendo uno splendido libro fotografico di Lisetta Carmi intitolato “Travestiti”: «Ciò che poi è escluso dai testi psicoanalitici è una considerazione del tipo di “società” che questi travestiti costituiscono e del suo significato. Non si tratta solo della (ovvia) obiezione fatta alla psicoanalisi, di occuparsi solo di fatti individuali; si tratta piuttosto della incapacità di porre nella sua interezza il problema della sessualità e dei suoi mutamenti storico-culturali».

Sulla medesima scia, l’importanza di questo libro sta nella posizione che viene richiesta agli analisti e non di come dover sbrigativamente etichettare pazienti. La proposta che Preciado mette sul tavolo è di ritenere pensabile un allargamento del materiale sul quale continuare ad operare con gli strumenti analitici di sempre. È importante osservare come questo libro non ci chieda di mettere in soffitta ad esempio l’Edipo, ma piuttosto di pensare oltre e/o accanto l’Edipo. Bisognerà pensare/dare nuovi nomi e nuova sostanza a tante costellazioni tante quante sono le (nuove?) affettività. Se non la psicoanalisi, che è stata il primo mostro a parlare svelando la sessualità infantile, chi altro può accogliere una rivoluzione della teoria sessuale? Siamo chiamati a un compito complesso e delicato ma non possiamo fare a meno di provare ad immergerci in questa nuova rivoluzione epistemica.

 

[1] Il termine Queer viene usato generalmente da una persona della comunità LGBTQ+ che non vuole dare un nome alla propria identità di genere e/o orientamento sessuale (ad esempio: se si sta interrogando sulla stessa) o non vuole precisarla o rifiuta di essere etichettata.



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