Attualità e nuove sofferenze

"I cyber-attacchi. Uno sguardo, oltre lo schermo, sulla violenza digitale" di Rossella Lacerenza

Cosa spinge a comportamenti violenti e all’attuazione di questi tramite il web? La possibilità di difendere dei diritti anche a costo di annullare il proprio volto, la propria identità e scatenando una furia distruttrice contro gli altri ma soprattutto contro se stessi.


"I cyber-attacchi. Uno sguardo, oltre lo schermo, sulla violenza digitale" di Rossella Lacerenza

Pochi rapidi click su tastiera possono generare un’enorme violenza, quanta distruttività può essere liberata in maniera quasi impercettibile e lasciar vedere solo dopo gli effetti, devastanti.

Alessio, 21 anni, bellissimo, fiero nel portamento, curato nell’abbigliamento sportivo e alla moda, ma sguardo vuoto e spesso fisso. Diversi procedimenti penali a suo carico perché inviava foto del suo pene eretto, indistintamente a ragazze e ragazzi. Dopo un po’ qualcuno si è stancato, ha deciso di non tollerare oltre e lo ha denunciato. Indistintamente come indistinta è la sua identità, non solo sessuale. Indistinto il suo porgersi verso l’altro collassando su di esso e tentando di dargli vita e colore con tinte erotiche. Indistinta la possibilità di intravedere un suo desiderio inteso come spinta verso qualcosa o qualcuno perché questo è percepito come terrifico. Bisogno di essere visto, bisogno che l’altro sia vivo e reagisca, bisogno di proteggersi da un mondo che sente costantemente minaccioso. Quando gli viene fatto notare che, in una modalità sui generis, chiede di essere visto anzi, per dirla meglio, obbliga l’altro a vederlo, dice che mostra l’unica cosa buona che ha. Alessio sente di non avere nulla di buono, se non una piccola area che si rivitalizza se stimolata, ed è allora che con un click immortala l’immagine e la diffonde! Questo il paradosso. Usa violenza per costringere l’altro a guardarlo, nell’unico momento in cui si sente potente lasciando percepire in chiaroscuro tutta la sua debolezza, tutto il resto del tempo in cui si sente fragile, solo e abbandonato.

Il bullo ha bisogno di picchiare chi è più piccolo perché nell’altro vede se stesso piccolo e indifeso, ed ha bisogno di verificare quanto quel piccolo potrà resistere ai suoi attacchi. Alessio ha subito tante violenze “invisibili” tra un padre malato (mentale) e allontanato, danneggiato, dannato che ha condannato lui figlio, ed una madre inconsistente che ha operato cancellando il padre dalla mente di Alessio.

Nelle foto inviate non c’è un volto, ma l’inquadratura è puntata solo sul membro, che potrebbe appartenere a chiunque. Il sentimento di impotenza, viene ribaltato ed esaltato all’inverosimile, diventa trionfo narcisistico. L’essere vittima dell’indifferenza altrui viene rovesciato attraverso l’atto violento ma mantiene allo stesso tempo la qualità parziale della trasparenza allo sguardo dell’altro perché una grande porzione di realtà, quella triste, viene occultata.

Spesso queste potenti angosce trovano un contenitore nel gruppo. Il bullo ha bisogno di adepti che siano testimoni nell’esecuzione degli atti vandalici, lo vedano. Il virtuale offre la possibilità di fare gruppo e dilata all’infinito lo spazio tempo, elevando all’ennesima potenza l’indefinitezza e permettendo di mantenere ambigua la dialettica vedere/essere visto.

Anonymous, la banda di hacktivisti che ha attaccato le tv russe, si cela dietro la maschera di Guy Fawkes, cospiratore (perché vittima?) e/ o vittima per la cospirazione. Anonymous non ha evidentemente un’identità precisa e stabile. Dietro la maschera anche alcuni minorenni, non c’è un unico capo, chiunque può entrare ed uscire dal gruppo purché abbia straordinarie capacità informatiche! Con mezzi illegali, con attacchi violenti chiede giustizia, talvolta mettendo a disposizione informazioni risultate poi utili alle indagini. Usa modi spesso illeciti per diffondere verità, garantire la libertà di espressione, limitare la propaganda o perlomeno svelarla, smascherare le debolezze e le corruzioni dei grandi -sistemi. Mossa dalla spinta a difendere, a vendicarsi, finisce per sferzare attacchi tanto violenti da essere spesso incasellati come terroristici. Attacchi che possono mettere offline per ore sistemi informatici o bloccare definitivamente pc, trafugare documenti riservati, cancellare interi database. Per alcuni hacker però, se presi singolarmente, così come per Alessio stesso, il web crea l’illusione di poter fare la propria personale guerra, esprimere la propria rabbia in un mondo solo virtuale credendo di non avere ricadute sulla realtà fattuale. “Che ho fatto? Ma io non avevo capito che causava questo…”

Tramite operazioni i cui nomi suonano evocativi della violenza della manipolazione, defacement, doxing, phishing, social engineering…

Tentativi di far sentire la propria voce, troppo fioca, impercettibile impotente nei confronti di una realtà esterna incombente e pericolosa.

Cosa si nasconde allora dietro lo schermo e dietro la maschera di un comportamento violento e incivile? Quali effetti ha una violenza digitale? Solo attraverso la violenza si può chiedere qualcosa che è legittimo?

Alessio in anonimato rivendica il diritto ad essere visto, a conoscere le verità e che nulla sia occultato, cancellato, nascosto. Risultato? È lui stesso ad oscurarsi, e ottiene l’opposto di quanto cercato dall’altro, e cioè l’essere giudicato, emarginato, non visto e ulteriormente danneggiato (procedimenti penali). Gli Anonymous considerati singolarmente ottengono la persecuzione giudiziaria, invece in quanto gruppo danno adito a reazioni diverse che oscillano tra la stima talvolta esaltata e l’odio soprattutto dalle vittime, ad ogni modo la consapevolezza del potere del mezzo, che potrebbe scatenare una guerra ancora più spietata che con migliaia di carri armati.



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