Cultura, cinema e arte

Homo feminae lupus: Insyriated in Ucraina - di Luisa Cerqua

Stupro di guerra: violare "L’origine del mondo" illudendosi di trionfare sulla morte. Ucraina oggi come Siria ieri.


Homo feminae lupus: Insyriated in Ucraina - di Luisa Cerqua

Insyriated, intensa pagina cinematografica sull’atrocità bellica (Philippe Van Leeuw),
racconta uno stupro di guerra, in un giorno qualunque di un paese devastato da un
infinito assedio. A Homs allora così come oggi a Mariupol, perché ogni città sfregiata
dalla guerra è identica alle altre: macerie paura, morte. Ma la vita prosegue. Una
famiglia è asserragliata in casa protetta dal fitto tendaggio, da una porta blindata. La
guerra è fuori, si odono spari, boati, grida.
Una domestica atterrita, dal balcone che si affaccia sulle macerie del cortile, vede
cadere sotto i colpi di un cecchino il marito di Halima, giovane mamma con lui ospite
della casa. Il loro espatrio è programmato per quella stessa notte. Il racconto si
avvia…
Houn è subito informata. Suo marito è in guerra e lei è capofamiglia. Senza
incertezze ingiunge il silenzio: si deve tacere costi quel che costi perché un soccorso
sarebbe fatale, Halima perciò non deve sapere che il padre di suo figlio giace colpito
a pochi passi da casa. E’ vivo? Restiamo sospesi insieme alle due donne. Sotto la
cappa di un terribile silenzio le donne ingannano l’angoscia di morte ripetendo riti
domestici: fanno il pane e scorte d’acqua mentre il nonno fuma bevendo thè, i nipoti
giocano o amoreggiano, l’ignara Halima allatta in attesa che il marito torni. Appena
notte partiranno. Ma le porte sprangate non difendono dai predatori di guerra e
neppure le insyriate sfuggiranno alla cruda legge della sopravvivenza quando, dalla
finestra, la violenza irrompe nella scena realizzando la più antica e taciuta delle
tragedie: lo stupro di guerra. Mors tua vita mea sembra trionfare quando il corpo di
donna che ama nutre e genera diviene preda, trofeo da conquistare per cancellare
l’umanità del vinto e rendere l’altro che è uguale a se stesso, diverso da sé, estraneo a
sé, ormai privato di ciò che rende umani.
In arabo stupro è reso da due parole: khreg e chran, la prima descrive l’idea di
strappo/separazione, l’essere denudati con violenza; la seconda rende l’idea
dell’essere spezzati in due, dimezzati.
Attraverso lo stupro la persona è de-umanizzata dimezzata strappata. Per sfuggire alla
colpa della propria ferocia distruttiva, il corpo che genera la vita viene attaccato e
mutato in cosa stuprata perciò senza valore, fantasma “negativo” della madre che
genera e ama.

Sono allarmanti i dati sull’abuso sessuale perpetrato dai militari di tutte le guerre, in
Ucraina oggi come in Siria allora. Forze governative, shabiha (miliziani volontari
pro-regime) e sconosciuti violano il corpo femminile illudendosi di trionfare così
sulla vita. Lo stupro di guerra, è una realtà ampiamente documentata e altrettanto
rimossa, ha accompagnato ogni guerra, ne parlano Omero, Erodoto, Livio, la stessa
Bibbia: “… i loro piccoli saranno sfracellati davanti ai loro occhi, le case
saccheggiate e disonorate le mogli “(Isaia, 13-16).
“Morire e non esistere, la stessa cosa, dico io, sono; e meglio vale morir, che
turpemente vivere”, dice Andromaca (Troiane, Euripide).
E’ il trionfo della distruttività quello che si celebra attraverso lo sfregio del corpo
materno quale appropriazione territoriale; in Insyriated si perpetra sul corpo della
giovane madre rimasta per caso fuori dal nascondiglio familiare col suo bebè. Tutti
odono ma nessuno interviene mentre Halima, col coraggio di chi non ha scelta,
baratta il suo corpo con la vita del figlio e con l’incolumità delle ammutolite,
adolescenti, figlie di Houn.
Come nelle Troiane di Euripide, la guerra rimette in scena l’impotenza e la forza del
femminile, tragica prerogativa che ha attraversato i secoli.
Sul corpo e nella voce della madre primigenia Ecuba, così come sul corpo e nel
silenzio di Halima, è scritto il mandato irriducibile del femminile: dare la vita e
portarla avanti nonostante Týche (il caso) sovrasti e devasti la sorte delle madri.
Essere e restare umane significa poter attraversare il dolore, proprio e altrui.
E’ emblematico che questo film non cerchi né indichi conclusioni.
Chi si salverà? Chi morirà?
A differenza dalla tragedia greca la fiction, come la realtà attuale, non offre
possibili catarsi all’animo turbato di noi spettatori.



Partners & Collaborazioni