Cultura, cinema e arte

80° Mostra del Cinema di Venezia : Coup de Chance, Woody Allen - recensione di Flavia Salierno

Tra colpi di fortuna e di teatro la vita di Woody Allen scorre come un inciampo tra i suoi cinquanta film. In questo suo (forse) ultimo lungometraggio, una storia semplice, raccontata con la forza di chi usa l’ironia e rende magicamente complessa l’intera trama.


80° Mostra del Cinema di Venezia : Coup de Chance, Woody Allen  - recensione di Flavia Salierno

Coup de Chance, Woody Allen (fuori concorso)

Coup de chance fa rima con coup de théâtre. Non una rima baciata, ma sicuramente di senso.

Sembra tutta una metafora della sua stessa esistenza, infatti, questo film, probabilmente l’ultimo, di Woody Allen. Regista amatissimo ma anche contestato in tutto il mondo. A partire dal suo stesso Paese, si grida alla violenza sulle donne al suo passaggio. Anche qui a Venezia, cori e scritte contro i “rapists”. Con questo suo film sembra che Allen voglia dire che la vita ti coglie di sorpresa, e ti porta in territori non previsti e non immaginati precedentemente. Lo fa a modo suo, usando un’ironia e una leggerezza che, se dovesse essere definita, lo sarebbe col suo nome stesso. Comicità “alla Woody Allen”. E forse proprio per questo all’artista-Allen viene dedicato un applauso scrosciante alla fine della proiezione, ma all’uomo-Allen viene contestato il matrimonio con la figlia adottiva. Che il regista porta sempre con sé in giro per il mondo e serenamente ai photocall.

Cinquanta film in 87 anni, e una vita, la sua, costellata di eventi che hanno segnato il suo passaggio in modo indelebile. Il devastante divorzio con Mia Farrow ha segnato la sua vita personale e professionale al punto da deviare completamente il percorso di entrambe.

Intorno al “colpo di fortuna” Allen costruisce un film con lo stesso linguaggio con cui si autoracconta nel libro “A Proposito di Niente”.

Parlando di sè, sembra descriversi come un “nulla” a cui succedono tante cose. Dopo la lettura del libro, in cui racconta le devastanti vicende della sua vita, usa un linguaggio leggero, anche se sempre acuto. Ironico, anche se drammatico. Mette distanza con i suoi racconti, pur mettendoli nero su bianco, a nudo, senza veli. Forse per questo, nel film, la lingua francese per la prima volta. L’uso di un’altra lingua serve forse per sentirsi più straniero ed estraneo a quanto lui stesso mette in campo. Ma anche, a suo stesso dire, perché i film che più ha amato sono per lo più francesi (e italiani). Coup de chance, quindi: «Mi ritengo molto fortunato, anzi lo sono sempre stato, ho avuto due genitori amorevoli, una moglie deliziosa, figli gentili e non sono mai stato in ospedale in vita mia. Come se non bastasse, quando ho iniziato a lavorare la critica è stata generosa con me sottolineando cosa facessi bene senza tenere in conto quello che facevo male».

E l’ironia leggera é servita. Perché anche la gravosità dei sentimenti, e dei comportamenti, e le contraddizioni umane, anche le più feroci, possono essere raccontate con lievità. La trama, infatti, è apparentemente semplice. Sullo sfondo del film una storia forse già vista, o raccontata. Una coppia, apparentemente perfetta, livello di ricchezza elevata, tutto sorrisi e amore, viene “ scoppiata” da uno scrittore povero e bohémien, bello e intelligente, un vecchio amore del liceo.  La protagonista, ovviamente, si perde nel cuore del vecchio amore. Come al solito le note jazz accompagnano il film, che, di fatto, assume tinte thriller/noir. E anche la musica sembra giocare sulle note, incastrandosi perfettamente col gioco delle scene del film.

Caro Woody Allen, al di là delle tue faccende private, che uno psicoanalista non giudica, speriamo tu possa continuare a fare film, perché, noi, i tuoi film, li abbiamo sempre visti, non ce ne siamo persi uno. E speriamo che ci sia un prossimo e che riceva ancora più applausi di quanti ne ha ricevuti questo. E quando si ricevono gli applausi, non può essere solo un “coup de chance”.

Flavia Salierno, CPdR



Partners & Collaborazioni