Cultura, cinema e arte

“Con la testa in vacanza”. Consigli di lettura per l’estate. Di Leonardo Spanò.


“Con la testa in vacanza”. Consigli di lettura per l’estate.  Di Leonardo Spanò.

 

È bello lavorare

nel buio di una stanza

con la testa in vacanza 

lungo un azzurro mare.

Sandro Penna, Poesie

 

 

“Lo sbilico”, Alcide Pierantozzi, Einaudi 2025

A cinque anni dal suo ultimo romanzo, “L’inconveniente di essere amati”, Alcide Pierantozzi, quarant’anni quest’anno, scrittore raffinatissimo ma lodevolmente parco, ci regala un libro che, parafrasando la sua conterranea Silvia Ballestra, fa “piagne e incazzà”. “Lo sbilico” è la storia del corpo a corpo dell’autore col suo decennale disturbo mentale. Pierantozzi ci fa entrare dentro la sua mente e dentro la malattia. Lo fa senza risparmiarci nulla e con una coerenza e un estro unici. Le visite con gli amati/odiati psichiatri, le terapie farmacologiche, il corpo che cambia e il corpo che si fa tempio e rifugio, il corteo di sintomi: dai più blandi ai più angosciosi, il rapporto ambivalente e struggentissimo con la madre; tutto è passato al vaglio attraverso una scrittura altissima e ricercata, che continuamente si interroga su sé stessa, sul mistero del dolore psichico e sui suoi possibili contravveleni. Un grande romanziere il cui ritorno va salutato con una gioia che si avvicina alla commozione. Leggiamolo, rileggiamolo, parliamone.

 

“La sindrome di Raebenson”, Giuseppe Quaranta, Blu Atlantide, 2023

Alla sua prima uscita editoriale, Giuseppe Quaranta, psichiatra pugliese di stanza ormai da anni a Pisa, spiazza tutti e soprattutto cattura e convince. Riesce in questa impresa attraverso un libro di grande inventiva: il suo protagonista, Antonio Deltito, a sua volta psichiatra, inizia a mostrare i sintomi di una rara sindrome psichica caratterizzata da amnesie, sbalzi dell’umore, difficoltà visive, il cui esito finale è quello per cui, per chi ne risulta affetto, è impossibile morire di morte naturale. Si tratta di un libro prismatico, metanarrativo, ambiguo e allucinato che contiene un’infinità di rimandi eruditi a tanta letteratura amata da Quaranta - Nabokov, Borges, Bolano, Sebald -. Costruito in maniera complessa e ipnotica: può essere letto come un avvincente thriller, ma al lettore più studiato non mancherà la possibilità di immergersi in una grande, enigmatica e complessa indagine sul rapporto tra generazioni e più ancora sull’identità, sulle sue infinite costruzioni e le sue trappole.

 

“E intanto la vita? Poesie per Lei, Dottore (1984-2025)”, Vivian Lamarque, Mondadori, 2025

Nella prestigiosa collana “Lo Specchio”, Mondadori fa uscire una silloge della poetessa trentina Vivian Lamarque, che racchiude in quattro stanze - più una quinta di inediti – tutte le poesie dedicate al suo analista. Il libro delinea la “storia di un transfert”, come giustamente nota Vittorio Lingiardi nella acuta e affettuosa postfazione. “Il signore d’oro”, così l’autrice chiama il suo analista junghiano, viene messo al centro di un inesausto dialogo dove si dispiegano tutte le più potenti passioni umane attraverso la grazia, l’inventiva e la levità uniche, proprie solo del distintivo dettato poetico di Lamarque. La poesia scopre e apre un’altra lingua, una lingua che non è quella della coscienza né quella dell’inconscio: uno spazio terzo dove poter dire e pensare l’avventura dell’analisi in un modo inconsueto e affascinante.

 

“Cartella clinica”, Serena Vitale, Sellerio, 2025

Serena Vitale, slavista di chiara fama, fino ad ora autrice di libri importanti e rigorosi - l’adelphiano “Il bottone di Puskin”, giusto per citare il più famoso - torna in libreria con un piccolo, prezioso racconto di una vicenda privata di storia familiare. La storia della malattia mentale di sua sorella Rossana, brillante e sensibile pianista, morta suicida giovanissima al Santa Maria della Pietà di Roma. A sessantacinque anni di distanza Serena Vitale, alternando i documenti ufficiali dell’epoca (le cartelle cliniche, le prescrizioni mediche, etc.) a una narrazione appassionata ma sempre controllata prova a far parlare la voce della sorella amata, e insieme con quella di Rossana, le voci di tutti quei “matti” che sono state brutalmente ridotte al silenzio attraverso la violenza manicomiale. Un libro importante e forte, che si regge su uno stile diretto, elegante, non retorico e lucidissimo.

 

 

“Immagini che curano. La psicoanalisi visiva di Sigmund Freud”, Horst Bredekamp, Raffaello Cortina, 2025

Uno fra i più autorevoli storici dell’arte dei nostri giorni, dopo il successo del suo “Immagini che ci guardano”, torna a interrogarsi sul fascino e la potenza delle immagini questa volta indagando il legame tra arte e psicoanalisi. Contrariamente a come si possa comunemente credere la psicoanalisi non si esaurisce nel solo scambio verbale e per tanto non è una disciplina aniconica, o addirittura iconoclasta, come più volte le è stato contestato; anzi, Bredekamp dimostra come le immagini abbiano avuto un ruolo cruciale nel pensiero e nel metodo del suo fondatore e come abbiano caratterizzato la vita e la pratica clinica di Sigmund Freud. L'autore si concentra su due aspetti emblematici: il primo è rappresentato dall’ossessione freudiana per il Mosè di Michelangelo, un’opera con cui, si sa, il padre della psicoanalisi stabilì un profondo legame identificatorio e che addirittura lo spinse più volte a tornare a Roma; il secondo invece viene individuato nella sua estesa collezione di statuette e idoli - in gran parte antichi -, raccolti in anni di viaggi e esposti nei suoi studi di Vienna prima, e poi in quello di Londra. Questi manufatti non rappresentavano solo dei raffinati soprammobili da esibire per mero gusto estetico ma svolgevano un ruolo attivo nell’indagine dell’inconscio, contribuendo ad evocare un’atmosfera volta a favorire contenuti arcaici e fantasmatici. Un libro che rivela la potenza terapeutica delle immagini e amplia le possibilità di lettura del pensiero freudiano.

 

“Un venerdì di aprile”, Donald Antrim, Einaudi, 2025

Donald Antrim, “un Calvino col rasoio più affilato”, è uno dei più celebrati scrittori americani, con una storia di vita personale complicata e dolorosissima, di cui aveva iniziato a parlare in un memoir meraviglioso come “La vita dopo”, dedicato alla morte della madre, grave etilista. In questo “Un venerdì d’aprile”, sposta la sua indagine su sé stesso e sulla sua terribile depressione che lo ha spinto, un venerdì di aprile del 2006, a salire sul tetto della sua casa di Brooklyn per farla finita. C’è da chiarire, e questo ne fa un’opera imperdibile, che quello scritto da Antrim non è l’ennesimo libro dedicato alla depressione - freddo come un referto o retorico come un post su un social -, ma è piuttosto un miracolo di scrittura e di intelligenza: emotività, bellezza, sensibilità, frasi perfette, una grazia assoluta e dolente fanno di questo affilatissimo breve libro uno sguardo nostalgico sul mondo mai apocalittico ma che piuttosto, segretamente, tende a quella famosa “sana infelicità” di cui ci parla Freud.



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