Psicoterapia trans* affermativa: una proposta a partire da un posizionamento incarnato

In quanto terapeuta trans* propongo delle riflessioni maturate dalla pratica clinica e avvalorate dalla letteratura scientifica, volte a promuovere una cultura trans* affermativa della psicoterapia.

Fau Rosati

 

Negli ultimi anni si assiste a una crescente richiesta di accesso a percorsi psicoterapeutici da parte di persone trans, non binarie e queer (da qui in poi trans*). Tale richiesta è spesso accompagnata dal desiderio di potersi relazionare a terapeutə informatə e competenti sulle tematiche relative alle identità di genere e agli orientamenti sessuali. In quanto terapeuta trans* mi sono ritrovato spesso a fare da ponte tra le mie amicizie e terapeutə che potessero essere accoglienti e affermativə nel lavoro con pazienti che incarnano identità non conformi alle aspettative sociali sul genere e sulla sessualità. La difficoltà che ho riscontrato nel soddisfare queste richieste, insieme alla mia esperienza clinica con pazienti quasi esclusivamente trans*, mi ha portato a sviluppare delle riflessioni relative all’assenza di una cultura trans* della psicoterapia e alla necessità emergenziale di rispondere a tale lacuna.

Le persone trans* costituiscono un gruppo sociale fortemente stigmatizzato. In misura diversa e con relative specificità, donne e uomini trans e persone non binarie vengono quotidianamente invalidatə e discriminatə poiché non aderiscono agli standard che richiedono un adeguamento tra sesso assegnato alla nascita, identità di genere e orientamento sessuale secondo una linearità cis-eterosessuale. Le implicazioni sono sia materiali sia simboliche: difficoltà di accesso al mondo del lavoro, precarietà economica e abitativa, discriminazione in ambito sanitario, violenze e aggressioni in strada e potenziale interiorizzazione dello stigma transfobico.

Inoltre, storicamente, le persone appartenenti a minoranze sessuali e di genere sono state patologizzate dalle discipline mediche e psicologiche (Bourlez, 2022; Preciado, 2021). Ancora oggi in Italia, le identità e le esperienze trans* sono ostacolate nel proprio percorso di autodeterminazione poiché, per poter accedere a percorsi medici e legali di affermazione di genere, devono risultare coerenti con la diagnosi di disforia di genere, i cui criteri vengono definiti dal manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5; APA, 2013) e valutati da “espertə della salute mentale”.

In questo scenario, come possiamo contribuire alla decostruzione di un setting cis-eteronormativo e promuovere una psicoterapia trans* affermativa?

La tendenza a un approccio patologizzante verso le persone trans* e l’implicita assunzione che le persone cis-etero rappresentino la norma è ancora fortemente radicata in psicologhə e psicoterapeutə, anche in quellə con le migliori intenzioni, e può manifestarsi attraverso atteggiamenti discriminatori e microaggressioni che vengono agiti nella stanza di terapia (Blumer et al., 2013). Alcuni esempi di questi atteggiamenti consistono nel non lasciare spazio alla persona di raccontarsi a pieno, non considerare l’impatto dell’oppressione sistemica sulla sua salute mentale e relazionale, non rispettare i pronomi e il nome scelto, non informarsi e pretendere, più o meno consapevolmente, di farsi formare sulle questioni trans* richiedendo allə propriə paziente un lavoro di pedagogia gratuita (Rosati et al., 2022). L’impreparazione dellə terapeutə su queste tematiche contribuisce ad aumentare i livelli di minority stress (Tan et al., 2020) e le condizioni precarie di salute di una popolazione considerata a rischio a causa dell’impatto nocivo dello stigma. Questo comporta un effetto a catena per cui le persone trans* tendono a evitare o aspettare a lungo prima di rivolgersi ai servizi per la salute; oppure quando vi accedono tendono a nascondere una parte importante di sé e della propria vita, per paura di incorrere in esperienze negative e di non essere compresə o accoltə con competenza.

Il mio lavoro terapeutico coinvolge esclusivamente persone trans* perché queste si rivolgono a me in quanto terapeuta trans*, con l’aspettativa di ridurre al minimo il rischio di ritrovarsi in un setting cis-eteronormativo (Raj, 2007). Alcune di queste persone hanno alle spalle percorsi di psicoterapia anche molto validi che, tuttavia, si arrestano nel momento in cui le istanze legate all’identità di genere non riescono a essere contemplate e approfondite dallə terapeuta.

A mio avviso, l’incontro tra unə terapeuta e unə paziente trans* presenta alcune specificità che inevitabilmente necessitano di un ampliamento e aggiornamento della pratica psicoterapeutica. L’applicazione acritica dei modelli “standard” che ci vengono insegnati, come la salvaguardia rigida dei confini del setting o l’imperativo a non condividere informazioni di sé, può venir meno di fronte a esigenze simboliche e materiali di pazienti appartenenti a comunità marginalizzate (Everett et al., 2013). Condividere l’oppressione legata a un’identità minoritaria può portare a condividere esperienze di vita, comunità affettive e di lotta. Far parte di queste comunità è una questione di sopravvivenza, sia per lə terapeuta sia per lə paziente.

Gli elementi di transfert, controtransfert e risonanze affettive spesso si strutturano attorno a esperienze di vulnerabilità e stigma, come il misgendering, l’assenza di riconoscimento sociale, il rifiuto familiare, il senso di perdita identitario e di comunità. Il processo di self-disclosure può assumere una valenza curativa fondamentale, promuovendo il riconoscimento e la sintonizzazione che sono venute meno nelle proprie famiglie di origine, così reinstaurando una genealogia affettiva (Bennett & Clark, 2021). Lə terapeuta può quindi incarnare un modello positivo di adulto in cui lə paziente può riconoscersi e proiettarsi, producendo scenari di vita futuri solitamente inesistenti per le persone trans*.

Certamente, condividere oppressioni e comunità pone anche delle sfide da non sottovalutare. La (ri)negoziazione e (ri)definizione dei confini del setting e dei confini del sé va costantemente monitorata. Si ha l’impressione di camminare su una fune sospesa nel vuoto, in cui dobbiamo essere abili a tenerci in equilibrio. Il vuoto sotto di noi è anche legato all’assenza di una cultura trans* della psicoterapia. Una cultura capace di adattare i propri modelli teorici a una realtà sociale non più così distante e minoritaria. Una cultura capace di offrire linee guida e supervisioni competenti. Una cultura in grado di rispondere veramente alle esigenze di pazienti e terapeutə trans*. In altre parole, una cultura trans* affermativa della psicoterapia.

 

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). American Psychiatric Publishing.

Bennett, K., & Clark, E. (2021). Crossing guardians: Signaling and safety in queer and trans therapist/patient dyads. Psychoanalytic Psychology, 38(3), 216–222.

Blumer, M. L., Gavriel Ansara, Y., & Watson, C. M. (2013). Cisgenderism in family therapy: How everyday clinical practices can delegitimize people's gender self-designations. Journal of Family Psychotherapy, 24(4), 267–285.

Bourlez, F. (2022). Queer psicoanalisi. Clinica minore e decostruzione del genere. Milano: Mimesis Edizioni.

Everett, B., MacFarlane, D. A., Reynolds, V. A., & Anderson, H. D. (2013). Not on our backs: Supporting counsellors in navigating the ethics of multiple relationships within queer, Two Spirit, and/or trans communities. Canadian Journal of Counselling and Psychotherapy, 47(1), 14–28.

Preciado, P. B. (2021). Sono un mostro che vi parla. Roma: Fandango Libri.

Raj, R. (2014). Transactivism as therapy: A client self-empowerment model linking personal and social agency. Journal of Gay & Lesbian Psychotherapy, 11(3–4), 77–98.

Rosati, F. Lorusso, M., Pistella, J., Giovanardi, G., Di Giannantonio, B., Mirabella, M., Williams, R., Lingiardi, V., Baiocco, R. (2022). Non-Binary Clients’ Experiences of Psychotherapy: Uncomfortable and Affirmative Approaches. International Journal of Environmental Research and Public Health19(22), 15339.

Tan, K. K., Treharne, G. J., Ellis, S. J., Schmidt, J. M., & Veale, J. F. (2020). Gender minority stress: A critical review. Journal of homosexuality67(10), 1471-1489.

 

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