Il sessuale interrogato

Attraverso il confronto continuo con alcuni irriducibili concetti metapsicologici che per la psicoanalisi hanno determinato e determinano la vita psichica, viene proposta un’interrogazione sulla sessualità umana, destinata tuttavia a rimanere irrisolta.

Amalia Giuffrida

 

Se, come affermato da Green nell’articolo dell’IJP del ‘95 la psicosessualità è divenuta negli ultimi decenni una funzione sempre più marginale nella teoria psicoanalitica, sembrerebbe per contro che la clinica attuale stia riportando con forza alla ribalta questa tematica. Tematica che domanda di essere interrogata forse anche nel tentativo di rivisitarne alcuni assunti fondamentali. È indubbio che le problematiche legate al genere sessuale, o, ancora, alle identità cosiddette “fluide”, e a tutti quei movimenti che non riconoscono il carattere binario dei sessi convocano la psicoanalisi a un appuntamento teorico cui non può sottrarsi.

Troppo spesso la psicopatologia dei soggetti che si rivolgevano all’analista veniva annoverata come “primitiva” e fuori dal dominio del pulsionale, e soprattutto fuori dalla logica del desiderio e della relazione oggettuale. Per parte mia continuo ad affermare con forza la presenza in ogni individuo di livelli plurimi di simbolizzazione (Freud, 1920; Baranés, 2003) che permettono ad aree psichiche diverse e differenziate di convivere, di articolarsi e di fertilizzarsi o inibirsi mutuamente.

In linea generale, partendo proprio dalla teorizzazione freudiana, riconosciamo dunque che, lungi dall’essere normativa, la nostra disciplina ha sempre posto e pone con forza un’interrogazione alla sessualità umana, destinata tuttavia a rimanere sempre irrisolta. 

Interrogazione irrisolta che non può prescindere nondimeno dal confronto continuo con alcuni irriducibili concetti metapsicologici che per la psicoanalisi hanno determinato e determinano la vita psichica. Invarianti quali elementi della potenziale trasformazione teorica (Bion, 2012). E imprescindibili strumenti del nostro operare.

Il mio tentativo ambizioso quanto imperfetto e lacunoso (siamo, secondo me all’inizio di una ricerca) consiste nel cercare di delinearne alcuni, utili al fine della costruzione di una “mappa” in cui orientarci provvisoriamente attraverso alcuni punti di repere.

Evidenzio:

1) la pregnanza della fantasmatica originaria nella formazione della percezione e della rappresentazione del mondo interno esterno. E di conseguenza la pregnanza della fantasmatica dell’oggetto nella soggettivazione di ogni essere umano;

2) l’esistenza della vita pulsionale che contempla fonti, processi, mete parziali e totali. E dunque la sottolineatura del somatico e dell’anatomia seppur fantasmata e immaginaria nella costituzione dello psichico;

3) l’esistenza di un sessuale cui contrapporre la sessualità infantile e adulta. Cioè la conferma di una perversione polimorfa infantile che persiste rimossa o addirittura forclusa e che informa tutta la vita affettiva e relazionale di ogni essere umano.

È in questa area che sottolineerei il ruolo del masochismo nella sua doppia essenza di custode di vita e distruttiva;

4) la bisessualità psichica;

5) l’importanza del conflitto come propulsore insopprimibile della vita psichica.

Per il momento mi limito a tratteggiare sinteticamente questi punti di snodo, che ritengo presenti e da esplorare in ogni individuo che desidera intraprendere un percorso trasformativo, e che vanno tenuti in considerazione, quale che sia, sottolineo, la psicopatologia, più o meno strutturata, “scelta”.

Non ritengo quindi, come si sarà reso evidente, che ciò che viene considerato come un campo psicopatologico attuale “diverso” dal passato (intendo le patologie legate al disagio o alla sofferenza proveniente dalle incerte identità di genere e sessuali) debba ricevere particolari interventi che esulano dalle consuete variabili tecniche e teoriche adottate dagli psicoanalisti in questi ultimi anni. Ritengo però che non si possano adottare omissioni, facili scorciatoie o atteggiamenti compiacenti, ancor meno se ideologici, con nessun analizzando quale che sia la richiesta di aiuto manifesta.

 

La cura rappresenta un luogo intermedio in cui nell’articolazione della pulsione e del linguaggio si infiltra il sessuale infantile.

Il sessuale infantile ci sfugge e noi gli resistiamo

Corrisponde a quella parte dell’essere umano più refrattaria a qualsiasi evoluzione.

Nessuna osservazione diretta può estrapolare la complessità della vita psichica della formazione delle rappresentazioni, dei destini del sessuale e della sessualità.

La lotta si svolge tra il sessuale infantile e il suo piacere d’organo allucinatorio autoerotico perverso polimorfo e la sessualità infantile diretta verso l’oggetto

Come lavorare quindi la tensione tra la forza traumatica del sorgere del sessuale infantile e l’attività di legame rappresentativa?

Quali conseguenze può avere tutto ciò nella cura?

E soprattutto quali ricadute può avere il sessuale dell’analista nella relazione con l’analizzando?

Mi sembra lapalissiano il fatto che l’analista debba essere accorto e consapevole di questi aspetti. Non tanto con intenti conciliatori ma per contornare quel sentimento di inquietante familiarità-estraneità che in ogni cura finisce con il palesarsi. Il sentimento del perturbante è ciò che dovrà guidare la nostra attenzione nell’ascolto dell’altro, ascolto globale di corpo e di parola, di parola corporea e di corpo parlato. Di corpo in quanto produttore di’ “io corporeo”.

E sia che il o la paziente presentino una patologia legata a livello manifesto alla sessualità, questo sentimento non può essere negato o peggio forcluso, bensì rimane forse uno degli scopi precipui sia dell’autoanalisi che dei moti controtransferali presenti nel trattamento, poiché consiste nell’impossibile compito di far quadrare il cerchio. Ossia di accettare in sé e nell’altro la coesistenza sempre incompiuta di queste aree dello psichico.

Probabilmente le richieste di aiuto legate alla incerta identità di genere o alle sessualità plurime sollecitano maggiormente questo conflitto inconciliabile. Ed è ciò che rende così problematica la cura in questi casi. Ma, credo che non possa essere aggirata la dinamica estrema che vi si gioca, dato che non possiamo negare che l’ascolto del sessuale infantile sollecita l’infantile di colui-colei che ascolta.

Questo “scandalo” irriducibile dovrà in qualche modo, per quanto è possibile, aprire il debordamento pulsionale, l’effrazione continua, la rottura dei contenitori di legame, all’ascolto secondarizzato, con i suoi percorsi trasformativi e i suoi resti.

E consentire all’Io (del paziente e dell’analista) di non essere troppo invaso, né di perdere le proprie funzioni autoconservative. Qui si gioca ancora la partita “economica” tra la libido e i suoi antagonisti.

Nella consapevolezza tuttavia che, come affermato prima, nulla è definitivo e che se i fantasmi originari sono ancora dei contenitori dell’esperienza conscia e inconscia - ed è ciò che ci permette di comunicare tra noi oggi- essi sono a loro volta anche passibili di trasformazioni, che la psicoanalisi dovrà essere pronta a cogliere nei tempi futuri.

Fino ad ora constatiamo come, malgrado i progressi compiuti nell’area dei diritti civili, forse non è un caso che continuiamo ad avere esempi di potenti rigurgiti e di ritorno alle “vecchie” ideologie del passato, anche all’interno di intere nazioni, che riescono con vari pretesti a cancellare le conquiste democratiche effettuate. Molti a questo riguardo incriminano le logiche di potere che fino ad ora avrebbero imposto strumentalmente regole e diktat (anche identitari) a tutti gli esseri umani. In realtà mi domando che cosa nasce prima se l’uovo o la gallina, nel senso che chi può dire se a loro volta le organizzazioni sociali e culturali non siano state determinate dai fantasmi originari che hanno regolato fin da tempi remoti la vita dei gruppi sociali. Ricordiamo ancora che i fantasmi originari scaturivano per Freud da passioni umane travolgenti e incontrollabili.

La psicoanalisi, lo ripeto, deve guardarsi, per quanto è possibile, dal convergere con le ideologie che rischiano (ed è già successo) di inibire la libertà e il progresso del pensiero. Anche se non è facile essere scevri da logiche che fino ad ora, con grandi eccezioni tuttavia, hanno guidato e creato le “mentalità” presenti. La psicoanalisi dovrà tendere alla neutralità ed essere equidistante dal “fenomenologico”.

Restiamo in ascolto con la consapevolezza che la fantasmatica originaria potrà nel tempo sorprenderci in quanto alla sua stabilità, ma tuttavia restiamo in ascolto anche di questi aspetti “scandalosi e conservatori” dell’inconscio senza lasciarci trascinare da facili tentazioni conciliatorie.

Mi piacerebbe pensare che la psicoanalisi rimane una dottrina iscritta nel registro del “senza memoria né desiderio”. Questo adagio bioniano, benché sia una tendenza più che uno stato, fa parte delle condizioni costitutive della posizione analitica.

E non è una questione di morale, ma di metodo.

Alla luce di quanto detto e della esperienza clinica attuale, provocatoriamente ribadisco il fatto che non è necessario “modificare” tecniche e teorie in seno alla cura.  Ogni analisi, del resto, può richiedere in fondo estensioni tecniche per determinati lassi di tempo, e sicuramente avvalersi degli affinamenti della capacità di tatto e di timing. Né dobbiamo tanto meno rinunciare a tenere fermi quei paradigmi che fondano il nostro modo di operare e di osservare la realtà psichica.

Ho tentato di estrapolarne qualcuno, ma la ricerca continua e direi che dovrà continuare a lungo.

 

Bibliografia

Baranes, J.J. (2003). Les balafrés du divan: essai sur les symbolisations plurielles. Presses universitaires de France: Paris

Bion, W.R. (2012). Trasformazioni. Il passaggio dall'apprendimento alla crescita. Armando editore: Roma

Freud, S. (1985). Al di là del principio di piacere. OSF vol. IX. Torino: Bollati Boringhieri

Green, A. (1995). Has sexuality anything to do with psychoanalysis? International Journal of Psycho-Analysis, 76, 871-883 

 

 

 

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