Attualità e nuove sofferenze

L'hashtag #salutementale scala i social: ora aiutiamo la politica a uscire dall’ambivalenza

Il faro dell’attenzione mediatica si è acceso e ora in tanti vogliono “investire”: un'opportunità da cogliere


L'hashtag #salutementale scala i social: ora aiutiamo la politica a uscire dall’ambivalenza

dell'Esecutivo del Centro Psicoanalitico di Roma

La delusione per il mancato finanziamento del “bonus salute mentale” nella legge di Bilancio ha creato un’opportunità: seppure in maniera ambivalente e ancora incrostata di difese, in tanti cominciano a comprendere l’urgenza di investire sulla cura della psiche. I politici lo devono fare per coscienza o per forza di marketing, perché la recente “sconfitta” per la cancellazione dell’emendamento sul fondo “salute mentale” ha fatto molto rumore sui social media: per la prima volta è comparso ai primi posti l’hashtag “#salutementale”.

Così, una pioggia di commenti e critiche è piombata sulla mancata approvazione di 50 milioni di euro da investire in psicoterapia. La proposta - che aveva avuto come prima firmataria Cini del Pd ma era stata poi sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari - è sparita nella lunga notte delle contrattazioni. Messa in secondo piano da investimenti che sono apparsi ridicoli, tanto per fare degli esempi, come la birra artigianale o la riproduzione dei cinghiali: una storia grottesca, che però si è prestata benissimo all’ilarità e alla rabbia. Tutti sentimenti adatti a una comunicazione veloce, facilmente esprimibile sui social.

In moltissimi hanno condannato l’ennesima dimostrazione di quanto si sia capito ancora poco dell’emergenza che ruota attorno al disagio della mente e dell’impatto che gli ultimi due anni di pandemia hanno avuto e stanno avendo soprattutto sui giovanissimi. Tanti altri hanno messo a fuoco come prendersi cura della propria salute mentale oggi in Italia sia un lusso che in pochi riescono a permettersi. Un servizio pubblico, già stremato da decenni di tagli e mancati investimenti, che è stato travolto da un aumento del 40 per cento delle richieste di aiuto ed è ancora in attesa che il piano di assunzioni e stabilizzazioni previsto dal governo entri in vigore.

Ora, bisogna stare molto attenti e non fare l’errore di condannare l’accaduto soltanto come segnale dell’incapacità della classe politica di pensare la sofferenza mentale. Di certo ci sono negazioni, dinieghi e tentativi di rimozione al lavoro. Ma come in ogni coazione a ripetere, si può intravedere anche in questo “fallimento” un il tentativo di rielaborare – o forse elaborare per la prima volta – una questione non ancora rappresentabile e di sicuro traumatica.

I primi movimenti si sono evidenziati nell’iniziativa dello sportello d’ascolto per l’emergenza Covid, cui la Spi ha aderito tempestivamente, mettendo a disposizione del Ministero della Salute il servizio già attivato dalla Società, prima che tante altre società di psicoterapia decidessero di aderire. Un’iniziativa che ha risposto a oltre 50mila telefonate.

Altre spinte sono arrivate dallo spazio che molte testate giornalistiche cominciano a dedicare a storie di dipendenza, disturbi alimentari, violenza familiare e di genere: tutte espressione di sofferenza psichica estrema che non ha potuto trovare uno spazio di ascolto. Molti episodi, nati durante l’isolamento, hanno dato il termometro di un problema a lungo termine che presto la società sarà chiamata ad affrontare.

La conclusione è che sebbene sia sparito dalla bozza finale, l’idea del bonus per la salute mentale evidenzia l’importante riconoscimento di un bisogno.  Fosse anche solo per interesse elettorale, ma tra i politici c’è anche chi ci crede davvero, si va formando una maggior consapevolezza della sofferenza psichica della popolazione,

Il bicchiere mezzo pieno

A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, si possono trovare alcune ragioni alla bocciatura del Fondo Salute Mentale e cercare di capire i passi da poter fare affinché si continui a parlare di psicoterapia e spazi di cura della sofferenza psichica.

Il punto da sottolineare è che servono interventi con un respiro ben più ampio, che non escluda a priori un investimento efficace su percorsi profondi e lunghi come sono quelli della cura psicoanalitia: il voucher di 150 euro riconosciuto a tutti coloro che ne avessero fatto richiesta avrebbe permesso a un 16enne in difficoltà, a una famiglia, a un adulto troppo solo o con poche risorse di conoscere qualcuno in grado di prendersi cura del suo disagio trascurato.

Ma con così poca disponibilità economica il rischio sarebbe stato quello che i pazienti lo interpretassero come un meccanismo ingannevole (cominciando una terapia finanziata e dovendola portarla a termine a proprie spese) e di dare loro opportunità di scelta solo verso interventi con terapie brevi o brevissime.

Dunque, il “bonus psicologo” è un intervento pensato per rispondere a un’emergenza e come tale presenta termini di immediatezza che lasciano indietro problemi ben più strutturati. La verità è che bisognerebbe ripensare ai servizi di psicoterapia e psichiatria nel loro complesso, a una rete territoriale che sia in grado di dare risposte precoci a un disagio. Nulla che un bonus come quello presentato in Manovra potesse garantire ovviamente.

Ma il punto è che probabilmente se ne riparlerà già questa settimana con un’interrogazione che i deputati Dem intendono rivolgere al ministro Speranza su come intenda affrontare l’attuale emergenza del disagio mentale anche alla luce di quanto successo con il bonus.

L’altro appuntamento importante sarà il decreto milleproroghe, che ci sarà prima o dopo l’elezione del presidente della Repubblica, lì in tanti, non solo in area Pd, garantiscono che proveranno a reintrodurre il tema salute mentale. Quando se ne parla sono tutti d’accordo ma è proprio adesso che occorre aiutare i politici ad affrontare il problema, superando le difese e uscendo dalle logiche nella quali sono immersi.

Testo a cura di Chiara Buoncristiani

 



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