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Nella mente degli uomini di Leonardo Spanò

"perché le giovani donne sono troppo spesso soggette - e a volte complici - di atti a cui non acconsentono pienamente, o di storie d’amore che non hanno creato loro?"


Nella mente degli uomini di Leonardo Spanò

non ho nessun avere e non potrò dire senza orrore. tu non mi deluderai

tu non mi tradirai dappoiché certo che a ogni istante è d’amore il mio discorso con te e mai di potere

(Jolanda Insana, La tagliola del disamore)

 

 

Non è possibile parlare di Daddy (Daddy, Random House, New York, 2020; Daddy, trad. it. di Giovanna Granato, Einaudi, Torino, 2021) e White noise (White noise, The New Yorker, June 1, 2020; Harvey, trad. it. di Giovanna Granato, Einaudi, Torino, 2020) - sua diretta, autonoma quanto consequenziale appendice -, se non attraverso quella porta stretta che The Girls (The Girls. A novel, Random House, New York, 2016; Le ragazze, trad. it. di Martina Testa, Einaudi, Torino, 2016) rappresenta.

 Del suo romanzo d’esordio, The Girls, che racconta il coinvolgimento, per quanto periferico in relazione ai fatti, di un’adolescente californiana in una setta simile a quella di Manson alla fine degli anni Sessanta, della sua singolare padronanza del linguaggio, delle immagini e delle sfumature psicologiche capaci di trasportare il lettore in quella sorta di trance ipnotica che la migliore scrittura sa regalare, si è scritto e detto tantissimo, tanto da consacrare immediatamente Emma Cline, fin dall’apparizione di questa singolarissima opera prima, come autrice di culto. The Girls è questo sguardo laterale sulla famiglia Manson nell’estate del millenovecentosessantanove, attraverso il quale Cline, ricorrendo all’eliminazione dei nomi e alla falsificazione di altri dettagli, costruisce una speciale distanza e riadatta la storia, concentrandosi su Evie, la protagonista che si aggrappa agli altri membri adolescenti della famiglia, in particolare a un vagabondo che la attira nel loro ranch polveroso e pieno di rifiuti, ma che di fatto la protegge anche dall’impegnarsi troppo. Fin dal titolo, The Girls presenta un esempio estremo di un enigma comune: perché le giovani donne sono troppo spesso soggette - e a volte complici - di atti a cui non acconsentono pienamente, o di storie d’amore che non hanno creato loro? “È il copione più facile per le donne”, ha risposto Cline. “Anche se non si adatta del tutto”.

 

Nel suo secondo lavoro, la raccolta di racconti intitolata Daddy, Cline approfondisce gli stessi temi che hanno ossessionato il suo primo romanzo The Girls: l’agency, la rappresentazione del genere e il suo costo sociale e interiore, la corrente di violenza che si agita sotto la superficie di una vita ordinaria. Soprattutto, i personaggi di Daddy - un’aspirante attrice che vende la sua biancheria intima a degli sconosciuti, un regista cinematografico fallito che si confronta con i suoi giudizi crudeli sul figlio, che vuole seguire le sue orme, l’ex tata di una celebrità che si rifugia a casa di un amico dopo che la sua relazione con il datore di lavoro viene rivelata dai tabloid, un redattore di riviste caduto in disgrazia che viene assunto per collaborare alla stesura delle memorie di un imprenditore tecnologico, un’opportunità che lui vede come un’ultima possibilità di redenzione - lottano per il controllo, a volte sugli altri, ma in gran parte su loro stessi, sulle proprie narrazioni e soprattutto sul modo in cui vengono percepiti. Le azioni che compiono per imporre una parvenza di controllo sono scioccanti, commoventi e profondamente umane.

Dal duemilasedici molto è cambiato, e anche la prosa di Cline ha subito una certa evoluzione. La critica aveva definito The Girls troppo “overwritten”: nei racconti che compongono Daddy, opera matura e lungamente maturata, le virtuosistiche descrizioni sensoriali di Cline sono ridotte sensibilmente e appaiono decisamente più controllate in modo da permettere alle sue penetranti intuizioni psicologiche di brillare. Nella pagina regna un umorismo satirico e asciutto e le atmosfere ronzano come se fossero attraversate dall’elettricità; i luoghi informano la psicologia e viceversa. Come accadeva già in The Girls, attraverso la sua evocazione vaporosa ma precisa della Los Angeles del millenovecentosessantanove, Cline esibisce un modo di descrivere le cose che sembra allo stesso tempo elegantemente casuale e estremamente puntuale. Le storie di Daddy sono state elaborate e raccolte nel corso del tempo, molte anche pubblicate in riviste prestigiose, ma le sue preoccupazioni presentano una tale unità e una siffatta coerenza che potrebbero essere state scritte in una sola notte. A differenza del primo libro, con il suo punto di vista ristretto, questo secondo affronta le questioni del potere e della connivenza da una miriade di angolazioni diverse. La postura con la quale Cline cesella i suoi racconti fa venire in mente quella di un agopunture: si tratta di lavorare con piccole correnti di energia, un lavoro più sottile e più ambientale; le storie sembrano scaturire da una singola immagine: sono molto più circoscritte - a una precisa dinamica o a una specifica ambientazione - e focalizzate su “momenti granulari”. I dettagli sensoriali e le descrizioni dei luoghi sembrano spesso fungere da specchio per gli stati emotivi dei personaggi: basti pensare al racconto “Los Angeles”, in cui Alice nota che i prati stanno diventando marroni e il bacino idrico si sta svuotando, insieme a un crescente disincanto nei confronti della città. C’è una connessione intensa tra i mondi e i moti interni dei suoi personaggi e gli eventi esterni del paesaggio, che però appare quasi inconsapevole, come se vedessimo all’opera una qualche logica del sogno, capace di restituire la sensazione che i singoli episodi si rivelino quasi da soli. Continua a leggere su MULTIVERSI



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